Nascita di una rivoluzionaria

[One Piece] x [Six of Crows] - collegata a "Problemi da rivoluzionario"

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    Il tradimento di Matthias la colpì come un fulmine, era l’ultima cosa che si aspettava. Lei non poteva dire di non averlo mai ferito (quando l’aveva venduto era stato sì per proteggerlo, ma ciò non cambiava davvero la realtà delle cose, non cambiava come lui avesse sofferto della prigionia) ma pensava che il tempo che avevano passato assieme significasse qualcosa.
    Che lei significasse qualcosa per lui.
    Non era solo stato il viaggio fino a Ketterdam, ma anche quest’ultima avventura con tutta la banda. Lo aveva visto diverso, più sciolto, come se si rendesse conto finalmente della prima volta che la persecuzione dei grisha era un errore di fondo. E che se anche non capiva, li avrebbe aiutati comunque perché in quel momento importava solamente di evitare il diffondersi dello jurda parem.
    E invece eccolo lì, dall’altro lato della finestra della cella dove Nina era finita rinchiusa, a guardarla con espressione impassibile, dura, fredda come all’inizio, a fianco del suo maestro che invece ghignava soddisfatto perché un druskelle non si piegava, non si innamorava, non credeva nella libertà dei grisha ma solo nel loro sfruttamento, non importava quanto i fatti gli avessero mostrato il contrario.
    La visione le fece venire il vomito, si sentì in preda al panico, ma non dal pensiero che presto avrebbero rilasciato la jurda parem all’interno della stanza, cosa che l’avrebbe resa schiava per sempre, no, quello che le faceva male davvero era il sapere di aver sbagliato a portare Matthias in quel posto. Avrebbe dovuto tenerlo lontano, al sicuro, in un posto dove non sarebbe potuto cadere nei vecchi vizi… ma ormai era troppo tardi.
    Continuò a fissarlo senza che la sua espressione cambiasse minimamente, e poi, la finestra tremò appena e svanì, il volto di Matthias si perse nell’oscurità della cella e d’improvviso il sole tornò a esplodere negli occhi di Nina, caldo e accecante. Per la sorpresa lei cadde all’indietro, urlando appena, e la sabbia si alzò attorno a lei. Immediatamente si coprì gli occhi per riprendere a vedere nonostante la luce intensa e improvvisa.
    C’era un uomo di fronte a lei, con una divisa bianca che non le ricordava quella di nessun paese, sicuramente non dei druskelle, ma nemmeno dei Ravkan, né degli Shun. Forse non era nemmeno una divisa, eppure lo sembrava, per l’ampio mantello che sventolava sulle spalle dell’uomo, e le mostrine sulle spalle e le medaglie al centro del petto.
    Aveva un viso lungo, come un ovale, ma con il mento molto appuntito che terminava in una piccola barbetta nera con un ricciolo. Le labbra erano grandi, carnose, il naso aquilino, e gli occhi stretti e neri, da topo. I capelli erano neri, corti e unti, quasi tutti nascosti da un cappello con la visiera.
    E, notò solo all’ultimo, una spada in mano.
    “Mi dispiace, signorina,” disse l’uomo, “Non ho facoltà di scelta per lo scambio, altrimenti lo farei e non avrei mai scelto te. Almeno, sii consapevole che la tua morte libererà per sempre questa terra da un pericoloso criminale.”
    Doveva reagire, concentrarsi e usare i suoi poteri da grisha per fermargli il cuore, o almeno rallentargli il battito abbastanza per parlargli, capire di che stava parlando e perché Nina doveva morire. Ma era troppo disorientata, i vestiti pensanti da festa la stavano facendo sudare sotto quel sole caldo, e lei non riusciva a pensare chiaramente, nella sua mente c’era ancora il viso duro di Matthias e la cella scura e non capiva se fosse già sotto l’effetto del jurda parem oppure no.
    Ma quanto la spada fu levata sopra di lei, una ragazza atterrò delicatamente da sopra, probabilmente da uno dei tetti, dietro le spalle dell’uomo, e lo colpì con quella che sembrava una mossa di karate ma che contemporaneamente spruzzò acqua attorno. Qualunque cosa fosse, fu efficace, perché l’uomo venne scaraventato oltre Nina, dall’altra parte della strada, contro il muro che la delimitava.
    Un'altra persona atterrò dietro di lei e la afferrò, prendendola nelle sue braccia muscolose, come una bambola di pezza. Lei non si sottrasse, ancora disorientata dalla scena così diversa che le si presentava davanti.
    Solo in quel momento Nina si rese conto davvero che non erano passati nemmeno due minuti da quando la scena era cambiata a quando la ragazza era arrivata per lei. Il suo disorientamento aveva fatto il resto, facendole vedere al rallentatore tutto ciò che invece si era svolto in maniera estremamente rapida.
    Solo in quel momento i suoi sensi tornarono a funzionare appieno, il calore divenne insopportabile, gli occhi si adattarono a quella luce intensa, riprese a sentire e a percepire attorno a sé. Usò i suoi poteri su se stessa, in un attimo, cercando di calmare il cuore per non disorientarsi di nuovo.
    “Andiamo,” disse, ed era una voce gutturale da uomo. “Mettiamoci al sicuro per ora.”
    La ragazza annuì, ed entrambi, portando con sé Nina, saltarono di nuovo sul tetto e poi, di tetto in tetto, si allontanarono dalla scena e soprattutto dall’uomo, che si stava per riprendere. Nina non si oppose: non sapeva cosa stava succedendo, ma quelle due persone l’avevano salvata, per qualche ragione, per cui potevano essere le uniche a darle una qualche spiegazione.
    Si voltò appena per guardare al suo salvatore e sbiancò: mentre la ragazza appariva totalmente umana, con la pelle chiara, i capelli corti rossi e gli occhi grandi azzurri, l’uomo che la stava trasportando non sembrava davvero un uomo. Ne aveva le caratteristiche principali: due braccia, due gambe, una faccia con bocca, occhi, naso e orecchie. Ma la pelle era gialla e squamosa come quella di un pesce, branchie gli spuntavano ai lati del collo e al posto dei capelli aveva una folta criniera blu che ricordava molto i tentacoli di un anemone.
    Si agitò un secondo e lui, credendo che temesse l’altezza, la rassicurò.
    “Tranquilla, non ti faccio cadere.”
    Quella voce la calmò un attimo, le consentì di pensare che l’aspetto non doveva contare nel giudicare una persona, ovviamente, ma non poteva negare di essere rimasta spaventata da quella visione. E dentro di lei non poteva far altro che pensare che potesse essere un effetto dello jurda parem, o dell’azione di un grisha sotto jurda parem, che magari aveva alterato completamente l’aspetto di un uomo in quella maniera.
    Non si agitò, ma tremò nonostante i numerosi strati di vestiti che la avvolgevano, e dentro di sé ripenso a Matthias, alla cella buia, allo scienziato che aveva creato la droga e al fatto che, in qualche modo, doveva fermarla.

    Una volta che si furono allontanati abbastanza, ritornarono a camminare nelle strade normalmente, ma continuando a essere circospetti dei dintorni. Non c’erano troppe persone attorno, per fortuna, sembrava essere troppo caldo. Non dissero niente a Nina, e per il momento lei non chiese nulla, ma la portarono a riposarsi in una locanda. Lei approfittò del bagno per rinfrancarsi un attimo e togliersi la maggior parte dei vestiti, restando in una comoda sottoveste che però non nascondeva nulla delle sue abbondanze. Temendo di essere troppo appariscente, oltre a cancellare totalmente il segno del trucco, arrabattò il mantello in modo da poterselo tenere sulle spalle e eventualmente coprirsi la testa se fosse stato necessario.
    Quando tornò nella sala da pranzo principale, notò subito il tavolo che la ragazza e l’uomo avevano occupato, e anche che l’uomo si era messo il cappuccio sulla testa e dava volutamente la schiena alla porta: evidentemente la sua stranezza non era comune nemmeno dove si trovavano in quel momento. Con passo deciso, ora che aveva ripreso in parte il controllo di sé, camminò verso il tavolino e si sedette come se avesse la situazione sotto controllo.
    “Stai bene?” le chiese gentilmente la ragazza, e Nina annuì.
    “Sì, grazie… mi avete salvato da quell’uomo, anche se non ho idea del perché mi volesse uccidere.”
    “Nemmeno noi,” rispose lei, “ma sospettiamo che tu sia finita in quel guaio per colpa di Sabo – un nostro amico. A proposito,” allungò la mano verso di lei, “io sono Koala e l’amico che è con me è Hack.”
    “Nina,” disse lei, prendendole la mano. Fissò Hack un po’ troppo intensamente, e lui se ne accorse perché le sorrise.
    “Prima volta che vedi un uomo pesce?” le domandò.
    “Sì,” rispose lei immediatamente, e dentro di sé pensò che era un nome perfetto per descrivere quell’uomo, ma allo stesso tempo sembrava parlare come se lui fosse una cosa che esisteva, e non una qualche creatura creata dalla magia grisha. Forse la jurda parem non c’entrava.
    “Comprensibile. Non usciamo molto fuori dalla Rotta Maggiore,” continuò Hack, confondendola ancora di più. “Ma ti assicuro che le leggende su di noi sono totalmente infondate, noi non siamo le creature bestiali di cui parlano in molti.”
    “Oh, no, non lo credo,” rispose Nina immediatamente, nonostante non avesse la minima idea di che leggende stavano parlando. Ma lei era stata vittima di dicerie sulla sua natura grisha, e improvvisamente provò affetto per quell’uomo dallo strano aspetto. Non dubitava che stesse dicendo la verità.
    Poi si rivolse verso Koala. “Io non conosco nessun Sabo,” disse, a meno che non fosse un qualche nome in codice per Kaz, chissà cosa passava dentro la testa di quell’uomo, “perché avrebbe dovuto mettermi nei guai? Al punto che un altro uomo stava tentando di uccidermi?”
    “Non abbiamo risposte certe nemmeno noi,” disse Koala, con un lungo sospiro. “Guarda, ti dico come sono andate le cose. Sabo, questo nostro amico, stava inseguendo Trek, l’uomo che ha tentato di ucciderti. Noi li abbiamo seguiti dai tetti, cercando di raggiungerli. Quando siamo arrivati, la scena che abbiamo visto è stata questa: Sabo era di fronte a Trek, erano entrambi fermi, e un secondo dopo, nemmeno il tempo di sbattere le palpebre, tu eri al posto di Sabo, come se vi foste scambiati di posto.”
    “Ha senso,” ammise Nina. “Io ero da tutt’altra parte,” rabbrividì appena ricordandosi di dov’era, “ e poi mi sono trovata improvvisamente lì. Ma come può essere accaduto?”
    “Probabilmente Trek ha utilizzato il potere del suo frutto del diavolo,” ipotizzò Hack. “Non sappiamo bene che cosa faccia o come, ma probabilmente è stato quello. Il fatto che abbia tentato di ucciderti è strano. Forse, una volta fatto lo scambio, se uno dei due muore l’altro non può più tornare indietro? Non può farlo nemmeno Trek?”
    “Ma dove sarà finito Sabo? Nel senso, comunque potrebbe uscire e tornare alla base da solo, se l’avesse buttato in acqua Sabo sarebbe morto a prescindere… a meno che appunto non temesse che saremo andati a cercarlo e voleva il sistema per non riportare Sabo indietro… magari l’ha rinchiuso da qualche parte…”
    Adesso Koala e Hack parlavano fra di loro, quasi ignorando Nina, e lei rifletté immediatamente. Parlavano di frutti del diavolo come se lei ne dovesse sapere qualcosa, per cui decise di non contraddirli. L’avevano salvata, è vero, ma allo stesso tempo si trovava in un posto completamente estraneo e, temeva, non semplicemente un’altra città o un altro regno del suo mondo.
    Aveva senso gettare una persona in un altro mondo e poi impedirgli di tornare indietro togliendo di mezzo l’ancora per l’altro mondo? Sì, per quanto pazzo potesse suonare alle stesse orecchie di Nina.
    “Il vostro amico è un grisha?” chiese Nina improvvisamente, e sia Koala sia Hack la guardarono perplessi. Nina decise che non conveniva che approfondissero, quindi disse, “direi di noi, quindi questa è una cosa positiva per il vostro amico.”
    “Giusto,” Koala disse. “Tu vieni dall’altra parte, da dove Sabo sarà finito. Tu puoi dirci dove ritrovarlo. In cambio noi ti accompagneremo indietro.”
    Nina rifletté velocemente: una parte di lei voleva fidarsi, l’altra aveva paura a farlo, perché non conosceva niente né di quella gente né di quel mondo, e questa cosa le faceva paura. “Ero in una cella,” confessò allora, “in un palazzo di un regno freddo di cui non ricordo il nome. Io sono una viandante, sapete, e insomma, ogni tanto faccio dei lavoretti per campare. A quella gente non sono piaciuti, mi hanno dato della strega, e sono finita in quella cella.”
    “Ha senso,” disse Koala infine, dopo che entrambi ebbero ascoltato la sua versione. “Mettere Sabo in una cella, intendo. Ti ricordi se era di agalmatolite?”
    “Sono sicura di no,” rispose Nina, ben consapevole che non sapesse che cosa fosse. Ma proprio per quello di certo non poteva essere il materiale delle celle di Fjerda.
    “Allora Sabo ne può uscire da solo,” concluse Koala. “Certo, chissà dov’è adesso, speriamo riesca a contattarci, ma magari ci metterà un po’. Non posso fare a meno di preoccuparmi.”
    “Ma posso dire una cosa?” disse Nina. “Perché non andiamo a ricercare la persona che ha fatto questo? Se ha tentato di uccidermi perché potevo riportare Sabo indietro, vuol dire che può farlo, no? Basterebbe prenderlo e costringerlo.”
    “Non hai tutti i torti,” ammise Hack. “Sarebbe più facile per noi, e prima che Sabo combini qualche guaio là dov’è finito.” Poi guardò Nina. “Quel tipo è un marine, anche se della parte peggiore di quel gruppo, quindi in generale è un problema anche solo dargli la caccia. Siamo scappati per quello… ma alla luce di queste spiegazioni, sicuramente è la soluzione migliore.”
    Dentro di sé, Nina tirò un sospiro di sollievo. La sua scusa poteva funzionare, ma non poteva essere lasciato da sola come la viandante che fingeva di essere. Doveva tornare nel suo mondo grazie al potere di quell’uomo, qualunque fosse. Doveva convincerli a tenerla con sé, contemporaneamente capire bene come funzionasse quel mondo quanto bastava a sopravvivere.
    “Come troviamo Trek?” disse Koala. “Qui non c’è una base della marina, per cui non può essere andato lì. Era chiaramente solo di passaggio, a questo punto potrebbe anche aver già lasciato l’isola.”
    “Potremo prendere la nostra nave e andare al rendes vouz con gli altri,” propose Hack. “Loro di sicuro potrebbero avere più tecnologia di noi per dirci come trovare Trek in fretta, e aiutarci a raggiungerlo.”
    “Sì, è la soluzione migliore.” Ma Koala scoccò comunque un’occhiata a Nina, per essere sicura che lei fosse d’accordo con la questione. “Ma ti devo avvertire,” aggiunse, “tu sai chi siamo?”
    Nina scosse la testa. “Non ne ho idea.”
    “Facciamo parte dell’armata rivoluzionaria.”
    Ovviamente a Nina quella frase non diceva nulla, ma dal tono con cui l’avevano pronunciata e tutto, sospettò che non fosse qualcosa di molto legale, ed era detto con un tale tono cospiratorio che Nina sospettava fossero abbastanza conosciuti nel mondo, quindi finse un improvvisa sorpresa.
    “Già.”
    “Be’, è uguale. Non sono la persona più integerrima del mondo nemmeno io,” Nina disse. “E voglio solo tornare a casa mia. Ma per voi va bene che venga con voi?”
    “Massì, certo, dopotutto questa storia è tutta colpa di Sabo.”
    “Grazie, allora.”
    Pagarono le bevande che non avevano nemmeno consumato (topologia di monete che Nina non aveva mai visto, notò) e camminarono verso il porto. Ma prima che lo raggiungessero ci fu un’agitazione generale, la gente che commentava e borbottava attorno, anche se non nei loro confronti, e alcuni che scappavano da una parte. Koala e Hack si misero immediatamente sull’attenti, e Nina notò che si stavano moltiplicando le persone che indossavano pantaloni azzurri e una maglietta bianca.
    Marine? Si chiese. Probabilmente la risposta era sì.
    Poi Koala si affacciò e prese Hack per il braccio. “Guarda.”
    “Maledizione. Che ci fa qui?”
    Nina seguì il loro sguardo e individuò un uomo altissimo, più alto di lei e più alto di qualsiasi druskelle che lei avesse mai visto. Indossava lo stesso mantello di Trek, ma il vestito era diverso, giallo a righe nere. Non aveva armi con sé e camminava sicuro, ignorando il bordello che la sua presenza poteva generare, anzi, come se quella confusione lo confondesse ancora di più.
    “Attenzione!” gridò uno degli uomini che erano con lui. “Siamo stati informati della presenza di rivoluzionari in quest’isola! Chiunque abbia informazioni utili deve venire a riferire immediatamente!”
    “Chi è?” domandò Nina.
    “L’ammiraglio Kizaru,” rispose Hack, e Nina ringraziò il fatto che non si facessero domande sulla sua ignoranza. “Non abbiamo speranze di batterlo. Dobbiamo solo raggiungere la nostra nave e scappare prima che sia troppo tardi.”
    Hack si sistemò ancora meglio il cappuccio sulla schiena, Koala si appiattì contro di lui, calandosi il cappello sugli occhi. Nina li imitò, camminando qualche passo dietro di loro. Non potevano restare nella via principale, ma c’era il rischio che muoversi in una via laterale proprio quando passava l’ammiraglio potesse essere visto con sospetto.
    “Dov’è il porto?” chiese ancora Nina.
    “Proprio alla fine di questa strada, dove termina la discesa,” disse Koala. “Volendo potremo prendere la strana parallela, ma non vorrei attirare l’attenzione.”
    “Voi andate,” disse Nina. “Prendete la via laterale, io vi raggiungo dalla principale. Andate!”
    Improvvisamente si rese conto che loro non avevano alcuna ragione per crederle, per fidarsi, ma lei aveva delle necessità di stare con loro e farsi potare da Trek, ed erano disposti a farlo, di sicuro più di quell’ammiraglio o di qualsiasi cosa fosse.
    “Guarda che è pericoloso,” disse Koala. “Quell’uomo…”
    “Non farò niente di pericoloso, lo prometto. Lo distrarrò solo un attimo così non si accorgerà che voi avete preso la via laterale.”
    Poi non aspettò che acconsentissero, ma prese a camminare sicura per la strada. Finse di non prestare molta attenzione a quello che le stava succedendo in giro, ma colse l’occasione appena il momento fu propizio per spostare un secondo la gamba quando un marine si voltò, facendo in modo che sembrasse che lui involontariamente le avesse fatto lo sgambetto. Cadde a terra in maniera meno elegante di quanto avrebbe preferito, ma fu sufficiente.
    L’attenzione dell’ammiraglio in un attimo fu su di lei, e il marine era al suo fianco la fece alzare, chiedendole scusa innumerevoli volte.
    “Non fa niente,” disse lei, con voce soave. “Sul serio, lo capisco che siete molto impegnati, che fate un lavoro importante, è tutto a posto…”
    Ma accettò volentieri il momento in cui l’ammiraglio le tese la mano, con un piccolo sorriso, e in quel momento poté sentire il battito del suo cuore chiaro nella sua mente. Lo rallentò, con calma, non abbastanza a fargli perdere i sensi, nemmeno così velocemente da fare in modo che se ne accorgessero, ma abbastanza per rilassarlo completamente, smettere di fargli passare in circolo l’adrenalina che lo avrebbe reso più vigile.
    Quando Nina finalmente si allontanò, era sicurissima che non avesse fatto minimamente caso ai due che si erano allontanati dalla stradina laterale.

    La nave di Koala e Hack era piccola, sufficiente per massimo quattro persone e per quel motivo assolutamente maneggevole da un gruppo di persone così ridotto. Nina non aveva grandi conoscenze in materia di navigazione, né le era capitato di stare in una nave così piccola (aveva sempre viaggiato come ospite su navi grandi, con il proprio equipaggio), ma sia Koala sia Hack sembravano essere a loro agio all’interno della nave, e non sembrarono intenzionate a chiederle aiuto.
    Così Nina, per un po’, rimase seduta contro il parapetto, a godersi il vento che le scuoteva i lunghi capelli rossi. C’era qualcosa di diverso, in quel mare, non era il mare che vedeva in lontananza da Ketterdam, quello che la separava da Ravka e dal ritorno a casa.
    Adesso che era più tranquilla, e che aveva capito bene che cosa doveva fare per tornare a casa, dentro di lei tornò la paura, e contemporaneamente dovette attivare il suo potere per tenere il suo cuore sotto controllo.
    Temeva per la situazione che aveva lasciato indietro. Per Kaz, Inej, Jesper e Wylan. Loro non sapevano del tradimento di Matthias, lei non era riuscita ad avvertirli, e questo significava che avrebbero potuto essere traditi e catturati tutti. Per quanto Kaz avesse sempre un piano, dubitava che avesse previsto specificatamente quella situazione. E inoltre, Nina era sparita, ed era possibile che Inej non l’avrebbe abbandonata, anche se dicevano sempre di lasciare indietro chi non riusciva a farcela.
    Insomma, ma sparizione di Nina li aveva messo in pericolo tutti.
    Temeva per Sabo, anche se non lo conosceva. Lei era finita in una situazione in cui un uomo voleva ucciderla, ma non era una situazione senza scampo, ed era anche stata aiutata. Sabo era finito dentro una cella nelle segrete dei druskelle. Non era un grisha, questo avrebbe dovuto giocare a suo favore, soprattutto per l’immunità al jurda parem, ma ovviamente non era detto che i druskelle gli credessero. Koala e Hack sembravano convinti che Sabo potesse scappare, ma si sarebbe ritrovato nel centro di una grossa cospirazione su cui non aveva nessun controllo né conoscenza.
    Forse era stato proprio l’obiettivo di Trek, cacciarlo in una situazione da cui non ne sarebbe uscito vivo.
    Temeva anche per Matthias, per quanto fosse irrazionale. Lui l’aveva tradita, li aveva traditi tutti, eppure lei non pensava che lui meritasse di tornare dai druskelle a uccidere grisha. Lui era meglio di così e lei si rammaricava di non aver potuto salvarlo meglio di come aveva fatto.
    “Tutto bene?” le domandò Hack, una volta che furono in mare aperto, l’isola dov’erano stati fino a qualche tempo fa già solo un’ombra all’orizzonte.
    “Sì, solo un po’…” si fece aria con le mani, “…frastornata per tutto quello che è successo.”
    “Comprensibile. Vuoi andare un po’ a riposare? Tanto qui ci pensiamo noi.”
    “Grazie, sì.”
    Erano troppo gentili, e lei si rammaricava di non aver detto loro la verità. Ma come fai a dire a qualcuno che vieni da un altro mondo? Passeresti per pazza, e lei non voleva rischiare di restare intrappolata lì. Doveva tornare ad aiutare gli altri – sempre se fosse possibile farlo, sempre che Sabo fosse ancora in vita da poter farla tornare indietro.
    Scese sottocoperta, c’erano due stanze, ciascuna con due amache e due piccole scrivanie con libri, giornali e mappe. Nina scelse quella con i libri che le sembravano più interessanti. Fu attratta soprattutto dalle due taglie appese sopra una delle scrivanie, e benché non sapesse quanto un berry valesse, immaginava che le taglie fossero per cifre ragguardevoli. Raffiguravano due ragazzi dai capelli neri e i sorrisi ampi, uno di loro aveva anche le guance spruzzate di lentiggini. Di certo non sembravano pericolosi criminali.
    Ma ancora, Matthias lo sembrava, ed era stato un druskelle, forse lo era ancora, una di quelli che uccidevano grisha solo in quanto grisha.
    Prese uno dei libri, poi uno dei giornali, poi un altro libro, sfogliandoli, cercando di assimilare per quanto possibile le informazioni che potevano esserle utile in poco tempo. Si convinse definitivamente che non si trovava nel suo mondo. Che fosse su un altro pianeta, o in una realtà parallela, questo non lo sapeva, e si chiedeva come fosse stato possibile una cosa del genere.
    Venne anche a capire com’era la geografia e la geopolitica di quel mondo, e rimase incantata dall’idea di un mondo unificato, anche se immaginava che non fosse tutto oro quello che luccicava, sia da come Hack aveva parlato, sia dalla stessa esistenza dell’armata rivoluzionaria.
    Non c’erano ovviamente libri su di loro, solo qualche articolo sparso di giornale che li definiva degli essere abbietti, dei nemici della libertà e dell’ordine, che tentavano di sovvertire un governo che durava dopo secoli e secoli. Spesso erano accusati di attacchi terroristici, di assassinii, e qualunque cosa venisse utile alla propaganda per screditarli.
    Perché sì, Nina si era fatta convinta che l’armata rivoluzionaria avesse qualche forma di ragione. Lei stessa, come aveva detto a Koala, non era esattamente la persona più integerrima del mondo, e allo stesso tempo sapeva che ci vogliono certe persone per fare certe cose, come entrare in una fortezza iper sorvegliata per uccidere uno scienziato che aveva inventato una formula che poteva sovvertire l’ordine costituito nel mondo come lei lo conosceva.
    Nella sua mente, la banda che Kaz aveva costruito e l’armata rivoluzionaria non erano così diversi, anzi. Forse l’armata era meglio organizzata, più numerosa e più attrezzata, ma certo avevano parecchie cose in comunque, o almeno Nina la pensava così. Una parte dei lei rifletté se fosse il caso di provare a dire loro la verità: magari li avrebbe spronati a cercare Trek in maniera ancora più rapida.
    Per il momento, però, non lo fece, anzi, finse quasi si svegliarsi quando Koala entrò nella stanza.
    “Non volevo svegliarti, scusami.”
    “No, tranquilla, stavo solo sonnecchiando.” La guardò mentre si accomodava alla scrivania, e solo allora accennò ai due manifesti appesi alla parete. “Che cosa rappresentano?”
    “Sono i fratelli di Sabo,” disse Koala, e un leggero sorriso le increspò il volto.
    “Una famiglia di rivoluzionari,” disse Nina, ipotizzando che fosse quella la ragione per cui avevano una taglia.
    “No, loro sono pirati.”
    Nina non aveva una buona esperienza con i pirati, non che lei ci avesse avuto personalmente a che fare, ma conosceva bene la storia di Inej. Improvvisamente, temette di aver commesso un errore a fidarsi di queste persone. Erano criminali conclamati, e adesso sembrava avessero dei riferimenti anche alla pirateria. Forse non erano gli avventurieri che Nina riteneva.
    “Una mia amica è stata rapita dai pirati quand’era ragazzina,” disse quindi, cercando di risuonare casuale e soprattutto non dire cose che non corrispondevano a quel mondo. “L’hanno venduta come schiava in un bordello. Be’, in teoria la schiavitù non esiste più laggiù, ma le hanno fatto firmare con la forza un modulo in cui lei diceva di darsi volontariamente al bordello e che doveva pagare una certa somma per recidere il contratto. Ma sì, non cambiava molto.”
    “Mi dispiace per la tua amica,” disse Koala, e sembrava sincera, si era anche voltata a guardarla apposta, e aveva ascoltato il racconto con molta attenzione. “La schiavitù dovrebbe essere abolita ovunque, ma di fatto non lo è. Anche se la storia del falso contratto non l’avevo mai sentita, di solito non si mettono nemmeno a fare inganni del genere, se ne sbattono delle regole e basta.”
    “E’ una delle ragioni per cui sei diventata rivoluzionaria?”
    Lei annuì. “Il sistema è marcio dalla punta, e i più marci sono proprio i Draghi Celesti, quindi dobbiamo partire da lì.”
    “Eppure a Sabo va bene che i suoi fratelli facciano i pirati? O hanno litigato per questo?” Nina diede un’altra occhiata alle due taglie, cercando di vedere all’interno di quei visi quello che poteva essere il volto del Sabo di cui aveva preso il posto.
    “Uno dei due è morto, giustiziato dalla marina,” fece presente Koala, non in tono polemico, e si limitò a indicare con un cenno della mano la foto di quello con le lentiggini.
    “Mi dispiace, ma… quelle sono le regole?”
    “Indubbiamente,” Koala tirò un lungo sospirò, pesante. “Ma non tutti i pirati sono cattive persone, e spesso se li si paragona ai governi, sono anche meglio.”
    “Non quelli che hanno rapito la mia amica.”
    “E nemmeno quelli che hanno rapito me,” aggiunse Koala, con un lieve sorriso. “Ma questo non significa nulla. Io sono stata rapita da pirati, e salvata da pirati. Ho visto entrambe le prospettive, e ti assicuro che come sempre le cose non sono come vengono mostrate.”
    “Anche tu sei stata rapita dai pirati?” si stupì allora Nina. La guardò bene in volto, cercando di coglierne le specifiche che vedeva sul volto di Inej, ma non ce n’erano. Anche esteticamente, Koala e Inej non potevano essere più diverse, eppure, pensò Nina ricordandosi di come Koala aveva steso Trek senza problemi, di sicuro hanno in comune la loro forza.
    Koala si alzò e le voltò la schiena, poi si alzò la maglietta. Nella mezza oscurità della stanza, Nina poté vedere l’enorme tatuaggio che somigliava a un sole che le occupava praticamente tutta la schiena. Ma, guardandolo meglio, Nina si accorse che non era affatto un tatuaggio, ma un marchio a fuoco che le aveva bruciato la pelle.
    “Questo è il simbolo dei pirati del sole,” disse Koala, poiché Nina rimaneva in silenzio.
    “Ti hanno marchiata a fuoco…”
    “Guarda meglio. Tocca, se vuoi.”
    Inej non amava molto essere toccata, per ovvie ragioni. Nina allungò lentamente le mani verso Koala e le sue dita tremavano mentre sfioravano per la prima volta quella carne bruciata; poi prese confidenza e iniziò a tastare meglio i bordi, finché non notò che c’erano delle parti in cui la pelle sembrava sprofondare maggiormente, come se il marchio a fuoco visibile ne avesse coperto un altro. Cercò di tastare con le mani per capire che forma avesse, ma riconobbe solo un cerchio e un piccolo triangolo, nulla che potesse ricondurre a una forma di cui si ricordava.
    “Hai un marchio che copre un altro marchio,” disse allora.
    “I Draghi Celesti marchiano sempre a fuoco i loro schiavi, con il loro simbolo, una zampa di drago,” le spiegò allora Koala, rimettendosi a posto la maglietta e voltandosi nuovamente verso di lei. “Quando Fisher Tiger, che era un uomo pesce, mise a ferro e fuoco Mariejoa per liberare tutti i suoi fratelli schiavi, anche gli schiavi umani, o di altre razze, scapparono. Anche io scappai. Avevo otto anni.”
    “Otto anni!”
    “Fisher Tiger mi portò a bordo della sua nave, di cui era il capitano. Erano tutti uomini pesce, e pirati, e mi accolsero. Questo loro simbolo io lo porto sempre con onore.”
    “Lo capisco,” disse Nina sinceramente.
    Questo mondo era diverso dal suo, c’erano molte cose che non le erano chiare, e sicuramente nel suo non aveva mai sentito di pirati che aiutavano gli schiavi, ma d’altro canto non c’erano nemmeno gli uomini pesce. Però c’erano i grisha, e c’era Ravka, che nonostante tutto era l’unico posto dove si potessero sentire al sicuro. No, niente di tutto quello era familiare a Nina, eppure poteva esserci un punto di contatto, un qualcosa.
    Chissà se Nina era stata scelta a caso, oppure no.
    “Ti devo dire una cosa.”
    Koala si risedette sulla sedia e attese.
    “Io credo di venire da un altro mondo.”
    Incredibilmente, Koala non sembrò stupita. “Non sarebbe la cosa più strana capitata nella Rotta Maggiore. E giustificherebbe meglio il comportamento di Trek. Certo sarebbe difficile ritrovare Sabo se nemmeno Trek può farlo tornare dall’altro mondo.” Poi rifletté. “Com’è la storia veramente?”
    Attese Nina che le raccontò di come funzionava quel mondo, dell’esistenza dei grisha e di come funzionavano, della guerra civile di Ravka e delle circostante che l’avevano fatta finire a Ketterdam, anche se Matthias rimase al momento solo una piccola nota a piè di pagina. Iniziò poi a narrarle di Inej, di Kaz, e degli altri, e della missione che stavano svolgendo, nascondendole solo il suo proposito di uccidere lo scienziato.
    Forse i rivoluzionari erano pronti a fare cose malvagie per il bene superiore, ma Nina non poteva ancora esserne sicura. Era pronta a dirle le circostanze vere in cui si trovava prima di essere scambiata con Sabo, ma fu interrotta dal rumore di un’esplosione che proveniva da fuori.
    Le due ragazze si guardarono, poi corsero immediatamente sul ponte principale. Hack era già in azione, difendendo la loro piccola nave dalle cannonate di un’altra nave, più grande, che si stava inesorabilmente avvicinando. Sulla punta più alta dell’albero maestro svettava chiaro, con il suo sfondo nero, un jolly roger.
    “Immagino che questi non siano i pirati buoni,” disse Nina. “Con loro che facciamo?”
    “Be’, se Sabo fosse qui,” disse Koala, con un piccolo sorriso, “direbbe che dobbiamo fargli il culo.” E poi saltò sul parapetto e da lì si diede la spinta per atterrare sul ponte dell’altra nave, come se nulla fosse. Ricordava i grisha abili di controllare il vento, ma era tutto merito suo. Hack continuò a respingere le palle di cannone, che però arrivavano in numero sempre minore.
    Nina guardava in lontananza Koala che combatteva e pensava che doveva in qualche modo aiutarla, anche se così a distanza e con così tante persone, era difficile colpirli. Allora concentrò lo sguardo su di lei, e focalizzò il battito del suo cuore, in modo da tenerlo sotto controllo affinché non sentisse la stanchezza durante la battaglia. Quando le palle di cannone terminarono, Hack si gettò in mare e nuotò velocissimo verso la nave. Nina rimase da sola sulla nave.
    Il suo unico momento di spavento fu quanto tre pirati, con le tute da sub, spuntarono da dietro spaventandola. Evidentemente avevano lasciato la loro nave prima che Koala si scatenasse, per tentare di prenderli alla sprovvista da dietro, soprattutto Hack, in modo che le cannonate colpissero la nave. Ma da quella distanza, e in numero così ristretto, per Nina era uno scherzo. Ignorò completamente le loro prese in giro e tirò un lungo sospiro per calmarsi, dopodiché si concentrò sul loro battito cardiaco. Strinse il pugno e quello di tutte e tre si bloccò immediatamente. Lei lo rilasciò immediatamente, in tempo per non ucciderli, ma comunque abbastanza per farlo battere più lentamente e per farli rendere immobili e inoffensivi.
    Troneggiò su di loro con il pugno pronto finché Koala e Hack non tornarono, e allora ci pensarono loro a cacciarli direttamente fuori dalla nave, e poi si preoccuparono di far allontanare la nave il prima possibile.
    Una volta che la nave fu al sicuro, Hack le domandò, “come hai fatto?”
    “È che sono una grisha. Una Kolporalki.”
    Spiegare che cos’era nel suo mondo a persone totalmente estranee non era cosa facile, ma apparentemente loro erano così abituati a persone con i poteri strani che una che poteva controllare lo stato del cuore di qualcuno non era poi qualcosa di così assurdo, anzi, disse a una certa Hack, “sono abbastanza sicuro che da qualche parte ci sia un frutto del diavolo con un potere simile.”
    “Di certo c’è già chi controlla gli elementi ed è in grado di modificare la materia,” aggiunse Koala. “Quindi è in effetti probabile. A meno di non voler considerare quello di Law.”
    “Cosa può dare quello di Law?”
    “Modifica e taglia i corpi umani ma senza uccidere. Ti può strappare il cuore dal petto senza ucciderti.”
    “Almeno posso ancora nuotare,” disse Nina sorridendo.
    Quello era un mondo strano, apparentemente più pericoloso di quello dove Nina viveva, ma appunto lei aveva il vantaggio di esserne totalmente estranea. Ora che anche Koala e Hack sapevano di lei, si sentiva un attimo più a suo agio, e avrebbe potuto imparare ancora di più del loro mondo senza sembrare sospetta, in maniera da poter intervenire in caso di pericolo.
    “C’è solo una cosa che mi preoccupa,” disse Nina, alla fine. Era un elefante nell’armadio che dovevano affrontare prima o poi. “Abbiamo supposto che Sabo possa tornare indietro solo scambiandosi di nuovo con me, e quindi io non posso morire, e Trek voleva uccidermi. Ma se Sabo dovesse morire nel mio mondo, nemmeno io sarei in grado di tornare indietro.”
    “Lo so che sembriamo poco preoccupati, ma Sabo è uno che se la sa cavare,” disse Hack. “Cioè, sono un po’ preoccupato perché spesso è uno scavezzacollo e spesso non ragiona quando c’è qualcosa che gli sta veramente a cuore ma non sarebbe il capo di stato maggiore della nostra organizzazione se non sapesse cosa fare in certe situazioni.”
    “È davvero molto forte,” aggiunse Koala. “E non parlo solo del suo frutto del diavolo, che gli dà l’incredibile capacità di essere intangibile, essendo fatto di fuoco.”
    “Oh, questo in effetti potrebbe essere utile,” ammise lei, dato che gli Inferno potevano sì controllare il fuoco, ma non erano certo fatti di fuoco, e non lo creavano nemmeno. “Il fatto è che la situazione in cui mi trovavo era un pochino… non dico senza speranza, ma ecco, ci andava molto vicino.”
    “Eri in una cella, vero?” si ricordò Koala.
    Nina annuì. “Ma non era una cella comune. Era una cella nelle segrete del palazzo dei Fjerdan, controllata dai druskelle, che sono letteralmente cacciatori di grisha. Non credo vedano favorevolmente uno come Sabo se davvero sa produrre fuoco. Probabilmente penseranno che si tratti di un altro tipo di grisha, o di un grisha potenziato in qualche modo.”
    “L’unica prigione che può contenere Sabo dev’essere fatta di agalmatolite,” gli fece presente Hack, “che non credo esista come materiale nel tuo mondo. Esiste nel nostro perché siamo un mondo completamente fatto d’acqua, al contrario del tuo.”
    “Sono abbastanza sicura che fosse fatta di normale metallo, ma allo stesso tempo era costruita per contenere i grisha. Magari c’è qualche trucco per cui anche Sabo non riuscirebbe a uscire da lì.”
    “In questo caso, ancora meglio,” disse Koala. “Non andrà in giro a fare danni mentre noi cerchiamo Trek per riportarlo indietro.”
    “Già, sarebbe quasi meglio così,” gli fece presente Hack. “Meno danni anche per il tuo mondo, intendo. Tanto, a detta tua, non ti avevano catturata per ucciderti, no? Probabilmente non uccideranno nemmeno Sabo, vorranno scoprire che cos’ha di speciale rispetto agli altri grisha. E nel momento in cui lo tireranno fuori da lì, sarà finita per loro.”
    “Tu sei preoccupata più per i tuoi compagni,” notò allora Koala. “Non sanno sicuramente dello scambio, potrebbero scoprirlo ma non è sicuro.”
    “Sapevamo che era difficile, ma le cose sono andate completamente male,” disse Nina, e di nuovo il pensiero le tornò a Matthias e al suo tradimento. Ma ancora non aveva la forza di dirlo ad alta voce, non voleva dare peso e forma a qualcosa a cui ancora, tutto sommato, si rifiutava di credere. “E ora sono là, dispersi chissà dove. Potrebbero essere stati uccisi nel mentre che io sono qua, potrei tornare e non ritrovarli più…” si bloccò, rendendosi conto di una cosa, “e se torno, e se Sabo è ancora in quella cella, la mia vita sarà comunque finita. Non uscirò mai più da lì.”
    “Secondo me è sicuro al cento per cento che Sabo se ne andrà con le sue gambe. Chissà, potrebbe anche aiutare i tuoi amici, conoscendolo.” Koala le prese la mano e sorrise. “Quando troveremo Trek, gli chiederemo tutte le informazioni possibili e immaginabili sul suo potere. Magari c’è un modo per capire dove si trovi Sabo prima di rimandarti indietro. Magari c’è un modo di comunicare con lui per dirgli cosa fare nel frattempo. Magari c’è un modo per mandare qualcun altro di noi ad aiutarlo, prima di effettuare lo scambio definitivo.”
    “Purtroppo le informazioni sui frutti del diavolo sono poche e scarne,” disse Hack. “Ce ne sono alcuni che sono più conosciuti, ma altri… spesso e volentieri la gente li mangia senza sapere che poteri potrebbe acquistare. È un rischio, ma che spesso paga, per questo la gente lo fa e per questo i frutti del diavolo sono ricercati e considerati merce preziosa.”
    “La maggior parte dei comandanti, che siano pirati, marine o rivoluzionari, li ha.”
    “Lindbergh potrebbe saperne qualcosa in più, ma non è certo. Glielo chiederemo. Al momento la soluzione migliore è trovare Trek, cosa che faremo non appena raggiungeremo Limdbergh.”
    Nina annuì. “C’è un’altra cosa che mi preoccupa, però.”
    “Che cosa?” domandò Koala.
    “In quel laboratorio segreto facevano esperimenti con la jurda parem. La jurda è una tipologia di droga, nulla di che, la usano spesso anche solo per sballarsi un po’. La jurda paremo è una formula rivista, differente, sugli umani normali non ha effetto, ma sui grisha… Aumenta i loro poteri in maniera esponenziale. Non ho avuto il piacere,” fece una smorfia, “di vederla in azione su un grisha, ma ne ho sentito parlare e le reazioni sono veramente straordinarie.”
    “Qualcosa mi dice che c’è un ma,” disse Hack. “Sembra troppo bello per essere vero.”
    “L’effetto dura solo finché la jurda parem è in circolo. E quando non lo è, causa una terribile assuefazione, al punto di trasformare i grisha in ombre di se stessi, specie di zombi che obbedirebbero a qualunque ordine pur di avere una dose. Sotto astinenza, poi, non avrebbero nemmeno la forza di ribellarsi.”
    “Trasformandosi in delle macchine da guerra temibili,” dedusse Koala. “Mi ricorda qualcosa…” ma non approfondì l’argomento.
    “Be’, i grisha in quelle celle erano così,” continuò Nina, “e non ho alcun dubbio che puntassero a trasformare così anche me. Credo che facciano delle iniezioni tramite gas direttamente nella cella… potrebbero farlo anche con Sabo.”
    “I poteri di Sabo sono già abbastanza forti anche senza questa jurda parem,” disse Hack. “Sinceramente ho difficoltà a immaginare una versione dei rogia ancora più potente di quanto non siano. Questo lo dico perché i poteri dei grisha che non siano Kolporalki come te mi paiono molto più limitati.”
    “Questo può essere, è che non so assolutamente come funzioni la jurda parem, o perché abbia quell’effetto sui grisha. Non abbiamo fatto in tempo a trovare lo scienziato e quindi nemmeno ad avere spiegazioni a riguardo. Magari si attacca ai poteri… e si attaccherebbe anche a Sabo, in quel caso.”
    “Be’, questo sarebbe un problema nel tentativo di contattarlo, se fosse sotto l’effetto della droga o sotto astinenza,” disse Koala, e per la prima volta da quando quella storia era iniziata Nina la vide veramente preoccupata per Sabo. “Anche se sfortunatamente non c’è molto che noi possiamo fare in questo momento, solo prenderne atto.”
    “Già.”
    “Parliamo anche di questo con Lindbergh, lui è uno scienziato, potrebbe capirci qualcosa più di noi,” terminò Hack, e con quello la conversazione terminò, ma il resto della giornata fu cupo e senza troppa allegria attorno.

    La notte non portò alcun consiglio, anzi, fu piena di incubi, la maggior parte dei quali riguardava Matthias e il suo tradimento. Nina si chiese se parlarne avrebbe potuto portare una qualche forma di giovamento, ma ne dubitava. Koala era ancora sveglia, stava compilando alcune cose su un suo diario, a quanto le aveva detto aveva l’abitudine di leggere il giornale e segnarsi le notizie che le sembravano più rilevanti, in modo da controllare quanto false fossero, quanto il governo li controllava.
    Accanto a lei, c’era appoggiata una taglia. Raffigurava un ragazzo dal sorriso furbo, un po’ arrogante, con riccioli biondi seminascosti da un cappello a cilindro e una cicatrice, che sembrava una bruciatura, che si allargava dall’occhio sinistro sulla sua faccia. Nina non aveva nemmeno bisogno di leggere il nome sulla taglia per capire che si trattava di Sabo.
    Egoisticamente, sperò che fosse davvero così forte come avevano detto, che potesse uscire da quella cella prendendo a pugni tutti i druskelle (sì, anche Matthias, magari) e salvare i suoi amici, nel qual caso Nina si sarebbe rammaricata per non essere presente a godersi lo spettacolo. Meno egoisticamente, sperò che si salvasse, che la jurda parem non avesse effetti su di lui e che sarebbero riusciti a portarlo indietro.
    Lei, Nina, alla fine era finita in una situazione migliore. Non in un posto migliore, quello dubitava esistesse.

    Arrivarono finalmente da Lindbergh, che aveva la sua base segreta nascosta sotto una grande quercia, al di sotto, in parte scavata nel suo tronco. Era una via di mezzo tra la tana di uno gnomo e il laboratorio di uno scienziato pazzo, considerando la quantità di strumentazione strana che c’era in giro, tra anche boccette che sembravano pozioni magine.
    Lindbergh stesso era un soggetto strano, più castoro che umano, anche se aveva una forma umanoide e camminava e parlava a gesticolava come un umano. Koala e Hack lo ritenevano completamente normale, e Nina aveva ormai imparato che quel mondo era così, dove nemmeno uno spostamento di universi era visto in maniera strana, per cui non fece nemmeno domande sulla strana creatura che in teoria era uno dei comandanti dell’armata rivoluzionaria.
    “Certo quello che mi avete raccontato è incredibile,” disse Lindbergh, ma non con il tono di chi è davvero sorpreso dall’avvenimento, ma con il tono di chi non si aspettava una tale distrazione dal normale corso della propria vita. “Purtroppo non ho mai sentito parlare di un frutto del genere. Probabilmente è di quelli rari, con dei poteri così strani che spesso, in passato, nemmeno il possessore si era accorto del suo potere. Succede.”
    Magari era per quello che quel mondo era così strano. Magari la gente in passato aveva fatto scambi da vari posti nell’universo, finendo per radunare in un unico posto tutte le stranezze del mondo. Nina lo pensò, ma non lo disse. Molte di quelle che lei riteneva stranezze erano la normalità.
    “Be’, era un tentativo,” disse Hack. “La cosa importante adesso è trovare Trek e rimettere a posto le cose.”
    “Questa è una cosa che si può fare facilmente,” disse Lindbergh. “Non c’è nulla che possa sfuggirmi nel South Blue. Sguinzaglierò i miei uomini che capiranno dove si è rifugiato e che rotta ha intenzione di prendere, così potrete raggiungerlo senza problemi.”
    “Grazie mille. So che eravamo qui per altri motivi ma recuperare Sabo mi sembra la priorità adesso.”
    “Indubbiamente.”
    “C’è un’altra cosa,” disse Nina. “Tu riusciresti a capire se una droga che agisce sul corpo umano dei grisha come me potrebbe funzionare anche su un possessore del frutto del diavolo?”
    “Hai la droga con te?”
    “No. Ho solo la sua versione edulcorata… di cui non so dire la differenza di composizione però.”
    “Hai qualcuno con te, o un campione di un grisha sottoposto alla droga?”
    “No.”
    “Che cos’hai allora?”
    “Me?”
    “Quindi tu vorresti che io provassi a capire gli effetti che una droga di cui non conosco alcuna componente, né gli effetti che questa ha sul corpo umano, che potrebbe avere su un possessore di un frutto del diavolo.”
    “Non c’era bisogno di essere così sarcastico,” ribatté Nina, con un piccolo broncio.
    Lindbergh ghignò. “Oh, no, non lo sono. Lo posso fare.”
    “Davvero?”
    “Non ho studiato dal miglior scienziato del mondo per niente. Ma avrò bisogno di fare delle analisi su di te, e anche vedere quel surrogato di droga che hai con te.”

    Lindbergh rispettò la parola data. Ci mise una settimana – una settimana di preoccupazioni e tormenti, per Nina, nonostante lo scienziato le avesse confermato che lo jurda parem non avrebbe avuto alcun effetto su Sabo, e che quindi le probabilità che fosse uscito da quella cella e avesse fatto macelli in giro era molt, molto alta – ma trovò la rotta adatta per intercettare Trek. Certo dovevano fare attenzione perché Trek era comunque un marine e sarebbe stato difficile beccarlo da solo come Sabo era riuscito a fare quella volta, e allo stesso modo non dovevano rischiare che usasse ancora il suo potere su di loro, però almeno avevano una via d’uscita nei sui confronti: era un punto di partenza.
    Ripartirono sulla barca con Nina che aveva in tasca due sacchettini di quelle che sembravano caramelle, una alla menta e una alla fragola, e che in realtà erano lo jurda parem e il suo antidoto. In realtà, Lindbergh le aveva chiaramente spiegato, lui non poteva avere la certezza che si trattasse dell’autentico jurda parem della sua realtà, perché non aveva avuto modo di studiarlo.
    Ma aveva studiato lei, comparandola ai possessori del frutto del diavolo, aveva studiato la jurda normale ed era uscito con una formula (che le aveva prontamente consegnato) che era ragionevolmente vicina alla realtà. E con il suo complementare antidoto.
    “Non posso garantirti che l’antidoto funzioni anche sulla jurda parem del tuo mondo,” le aveva detto Lindbergh, “ma funziona su quello che ho creato io. Quindi tu puoi prendere il mio, rinforzarti, e poi prendere l’antidoto in tempo per non avere l’assuefazione. Ed è sicuramente ragionevolmente vicino a quello che è stato creato nel tuo mondo, quindi con quella formula, gli scienziati del tuo mondo potrebbero trovare in fretta un antidoto anche a quella.”
    Nina non sapeva davvero come ringraziarlo, e più volte nel corso di quella avventura si ritrovò a pensare che non le sarebbe dispiaciuto rimanere in quel mondo, dove le persone con i poteri erano viste come importanti e assurgevano a ruoli di comando invece che essere perseguitate o sfruttate.
    Ma poi pensava a Ravka, al suo mondo, e capiva che doveva tornare, anche solo per loro, per portare la formula che Lindbergh aveva creato per lei. Le venne in mente Kaz, che probabilmente avrebbe voluto utilizzarla per farci dei soldi. Ma non stavolta: stavolta Nina avrebbe fatto del bene, e non sarebbe nemmeno stato necessario uccidere lo scienziato che aveva creato la jurda parem.
    “C’è un’ultima cosa che devo dirti,” disse Nina una sera a Koala, il giorno prima che raggiungessero l’isola dove doveva trovarsi Trek.
    “Sul tuo mondo?”
    “Su qualcosa che è capitato a me,” rispose Nina. “Su Matthias.”
    E per la prima volta da quando era arrivata in quel mondo, fece il nome di Matthias. Raccontò a Koala, che rimase ad ascoltarla senza interromperla nemmeno una volta, del fatto che era un druskelle, di come si erano incontrati in malo modo ma erano stati costretti a collaborare, e di come lui addirittura l’avesse salvata quando lei non credeva potesse cambiare. Le disse di come lei l’aveva tradito solo per salvarlo, e poi aveva lavorato sodo per tirarlo fuori, e di come Kaz l’aveva coinvolto in tutta la storia del salvataggio dello scienziato, poiché era l’unico Druskelle disponibile sulla piazza.
    E poi le raccontò di come li aveva traditi tutti, soprattutto lei, di come l’aveva guardata, di nuovo come se non fosse altro che una strega non meritevole di alcuna pietà. Per la prima volta, ammise ad alta voce quello che era successo, diventò reale, pianse.
    Koala si sedette al suo fianco, e la strinse a sé, le sue braccia sulle sue spalle. Poi, lentamente, le fece raccontare ancora la storia, una, due, tre volte, finché Nina non si ricordò di particolari che nemmeno lei credeva di sapere.
    “Forse non ti ha tradito,” disse infine Koala, e Nina sentì tutto il peso che le ricadeva sulle spalle. Era un desiderio che non aveva osato esprimere ad alta voce.
    “Cosa te lo fa pensare?” le chiese.
    “Hai detto che quell’altro druskelle ti aveva riconosciuta, giusto? Quindi non aveva bisogno che Matthias gli dicesse di te, lo sapeva già. Saresti finita in quella cella anche senza l’intervento di Matthias.”
    “E quindi?”
    “È solo un’ipotesi, ma magari Matthias ha pensato che l’unico modo di salvarti fosse fingere di essere dalla parte dell’altro, invece che di attaccarlo direttamente. Se l’avesse imbrogliato, magari avrebbe abbassato la guardia, gli avrebbe rivelato cose, e avrebbe potuto portarti fuori di lì.”
    “Però mi ha guardato con una tale faccia…”
    “Ma tu sei finita in questo mondo prima che ti dessero la jurda parem, no? Quindi non possiamo sapere se effettivamente non avrebbe agito prima che tu rischiasse veramente.” Koala si alzò: “comunque, è solo l’ipotesi, magari è vero che non ha mai smesso di essere un druskelle. Ma nel caso, credimi, probabilmente Sabo l’avrebbe già sconfitto, quindi non serve che ti preoccupi troppo per lui.”
    Nina sorrise. “Grazie,” e lo pensava veramente. Non si sentiva così leggera da un po’ di tempo.

    Avevano bisogno di un piano per portare Trek all’esterno, in una zona isolata. In quell’isola c’era una base della marina, e lui era al suo interno, ben protetto dai pericolo esterni, e sicuramente anche una qualsiasi mossa sarebbe stata preceduta da un contingente della marina prima che Trek si facesse vivo. L’unica alternativa che avevano è che vedesse Nina: di certo non poteva ucciderla di fronte ai suoi uomini, ma sarebbe venuto a cercarla, in qualche modo.
    “Te la senti?” le chiese Hack.
    “Sono un soldato, lo devo fare.”
    In loro aiuto arrivò una nave di pirati che incrociarono sul loro cammino il giorno prima di arrivare. Li sconfissero, ma presero con loro uno degli uomini, uno di quelli che aveva una taglia sulla testa, per quanto labile. Il giorno dopo, Nina, vestita di tutto punto in maniera da essere decisamente indimenticabile – cosa che le riusciva benissimo, era felice di essere di nuovo nel suo elemento – si presentò alla base della marina per consegnare l’uomo e ritirare la taglia.
    Fu un processo lungo, verboso e noioso, ma che consentì a Nina di flirtare con ogni marine che le capitasse sotto mano, in modo alla fine da attirare l’attenzione della maggior parte dei soldati presenti. Trek non fu immune da questo, e Nina lo vide passare nel corridoio, lanciando un’occhiata dentro la stanza dove lei si trovava.
    Ne vide lo sguardo prima sorpreso, poi impassibile, come a tenere sotto controllo i suoi istinti.
    “Io alloggio alla locanda Miranda,” esclamò allora Nina, con una risatella allegra, rivolgendosi al marine di fronte a lei, ma stando ben attenta a fare in modo che Trek la sentisse. “Stanza quattordici. Potete consegnarmi lì il denaro con tutta calma. O anche passarmi a trovare se volete,” e fece un piccolo occhiolino.
    Il marine arrossì e tossì leggermente. “In effetti, dobbiamo fare delle verifiche riguardo alla taglia e tutto… ma sapremo dove trovarla appena avremo risolto.”
    Nina uscì in pompa magna dalla base della marina e tornò immediatamente alla locanda, ordinò la cena in camera e si chiuse all’interno. Non aveva visto nessuno nella strada, ma sapeva che Koala e Hack stavano pattugliando la zona per controllare i movimenti di Trek. Non sarebbe uscito dalla base senza che loro lo notassero.
    Era appena passata mezzanotte quando la chiamarono: Trek era uscito in maniera molto circospetta, non in divisa ma con un mantello nero, e sicuramente stava andando nella direzione della locanda Miranda. Nina si preparò: ficcò della roba sotto il lenzuolo, come a fingere che ci fosse qualcuno che ci stava dormendo dentro, e poi si nascose nel bagno, attendendo.
    L’uomo entrò direttamente dalla porta, probabilmente aveva pagato il portiere o si era presentato come marine. Nella stanza era buio, ma Nina aveva lasciato la finestra aperta in modo che la luce le consentisse abbastanza manovre. Dentro di sé avvertì già il battito di Trek, alzò la mano e strinse il pugno. Trek ebbe un mancamento, annaspò e poi cadde a terra.
    Nina non uscì dal suo nascondiglio, ma parlò, con voce chiara e decisa, “il tuo cuore è nelle mie mani, posso chiedergli di fermarsi immediatamente e lo farebbe. Ma non voglio farlo. Non ancora, non se risponderai alle mie domande.”
    Trek annaspò ancora, il battito che gli stava tornando ma non abbastanza per farlo riprendere.
    “Hai mandato Sabo in un altro mondo, vero?”
    “S-sì…”
    “Puoi riportarlo indietro?”
    “S-sì… se lo scambio di nuovo… con la persona… con cui l’ho scambiato…”
    “Puoi vedere dove si trova? Puoi comunicare con lui?”
    “N-no… posso solo scambiarli di posto… non posso nemmeno decidere con chi, sceglie da solo… so solo che scambia in qualche modo…” E poi, quando Nina gli strizzò il cuore un po’ più forte, “non sto mentendo, lo giuro!”
    Nina voleva solo esserne sicura: Lindbergh le aveva detto che a volte nemmeno i possessori sapevano bene come funzionava la situazione, e lei non aveva motivo di pensare che Trek mentisse, non in quella situazione. Non aveva altra scelta, doveva tornare senza sapere in che situazione di sarebbe trovata. Sabo meritava di tornare a casa, e lei già sapeva che stava compiendo un’impresa che le sarebbe costata la vita nel momento in cui aveva accettato di entrare nella fortezza dei Fjerdan.
    Era un rischio calcolato. Ma se fosse sopravvissuta, avrebbe portato con sé la soluzione allo jurda parem.
    “Ascoltami bene,” disse, uscendo dal bagno sempre con il pugno alzato. “Il tuo cuore sta smettendo di battere. E smetterà di battere nei prossimi cinque minuti, se qualcuno non ti rianima. Ma ci sono i miei amici, qui,” Nina poteva avvertire i battiti di Koala e Hack al di fuori della porta, “che ti potranno aiutare. Ma solo se, nei prossimi cinque minuti, Sabo sarà qui al posto mio. Siamo d’accordo?”
    “Come faccio a fidarmi?” ansimò lui.
    “Non puoi,” rispose Nina, “ma i cinque minuti passeranno lo stesso.”
    Trek era ormai accasciato al suolo, si prese comunque un attimo per riflettere e riuscì persino a scoccarle un’occhiata carica d’odio. “Devi essere più vicina, e io devo poter stare in piedi per aprire la porta per lo scambio.”
    A quel punto, gli altri due entrarono. Hack tirò su malamente Trek, Nina tenne ancora di più la presa sul suo cuore, ma Trek non sembrava voler contrattaccare, quindi Nina si avvicinò. Alzò debolmente la mano e fece un gesto, come a disegnare un’invisibile porta.
    Un secondo dopo, Nina si trovo immersa nell’acqua ghiacciata. Non si aspettava un tale cambiamento improvviso, nonostante l’avesse già vissuto una volta, e all’inizio stava ancora respirando, l’acqua che e le entrava appieno nei polmoni. Rilasciò il pugno e annaspò, cercando aria, cercando di nuotare ma finendo per affondare sempre di più.
    Di certo era proprio un modo indegno di morire, e si ricordò che Sabo anche non poteva nuotare. Spero che l’avessero riportato nell’altro mondo appena in tempo.
    Poi due braccia forti la presero da dietro, la trascinarono su e la spinsero sulla banchina. Nina tossì, si spinse il corpo per espellere tutta l’acqua e poi respirò a pieni polmoni. Era completamente zuppa, faceva freddo di nuovo, ma riconobbe immediatamente dove si trovava. Non erano più all’interno della terribile corte di Fjerda, ma di nuovo nelle familiari, per quanto pericolose, strade di Ketterdam.
    Quindi Sabo ce l’aveva fatta? Li aveva portati tutti in salvo?
    “Nina…” disse una voce dietro di lei, e il suo cuore prese a battere all’impazzata. Si voltò e Matthias era dietro di lei, completamente zuppo con i capelli biondi che gli si appiccicavano alla fronte. La sua espressione era strana, un misto di incredulità, sollievo, ammirazione. La abbracciò improvvisamente, e fu così sorprendente che Nina non si sottrasse. Era una presa calda, e lei vi affondò dentro.
    “Sabo aveva detto che i suoi amici dell’altro mondo ti avrebbero riportata indietro in qualche modo, ma io non sapevo se crederci, e quando te n’eri andata...”
    “Matthias,” disse lei, con più compostezza di quanta ne avesse, “tu non mi hai tradita, vero?”
    “No, non l’ho fatto. Gli ho mentito perché mi desse accesso all’area, l’avrei fermato prima ma poi tu sei scomparsa e Sabo è apparso e…”
    “Shh, non dire più niente,” e si concesse ancora qualche attimo nel suo abbraccio, prima di divincolarsi e dire, “gli altri?”
    Matthias fece una smorfia. “Ancora vivi, per ora, ma le cose non vanno bene. Abbiamo trovato Bo, che però è solo un ragazzino, non ho avuto il coraggio di ucciderlo, mi dispiace.”
    “Va bene così,” disse lei.
    “Sabo ci ha dato una grossa mano a scappare da Fjerda, ma nemmeno lui è riuscito a convincere Kaz a non consegnare Bo a Van Eck, che però ci ha tradito e adesso ci ha praticamente rivoltato contro tutta Ketterdam, mercanti e criminali assieme. Senza contare naturalmente che gli eserciti di mezzo continente si sono ritrovati qui, gli shun stanno rapendo grisha impunemente e i Fjerda sono qui al completo…”
    Nina prese un sospirò e usò i suoi poter per calmarsi. Si toccò il lato del vestito, la cintura dove aveva appese le sacche con la jurda parem e il suo antidoto. Erano ancora lì, non si erano perse nel tragitto da un mondo all’altro.
    “E da Ravka?”
    “Credo che siano qui anche loro, ma si tengono alla larga dalla confusione perché sono deboli, in tante maniere. Credo che Kaz abbia un piano, lo ha sempre, ma per ora sta funzionando poco. E adesso abbiamo perso anche Sabo… che aveva un potere che ci ha salvato più volte,” ammise Matthias. “Ti sarebbe piaciuto.”
    “Lo credo anche io,” disse Nina, “ma anche se non possiamo contare più su di lui, la gita nel suo mondo è stata utile. Gli altri sono al sicuro?”
    “Penso di sì, siamo scappati tutti in direzioni diverse… abbiamo una base che è ancora segreta, per ora. Ti ci porto.”
    “No,” lei scosse la testa. “Dopo. Prima dobbiamo andare dai Ravka. In questo momento, sono i grisha quelli che hanno più bisogno d’aiuto, e io posso darglielo. Se portiamo i Ravka dalla nostra parte, potremo aiutare anche Kaz e gli altri. Sono sicura che Kaz avrà un piano per ottenere qualcosa da Van Eck o dai mercanti, ma al momento io devo proteggere la mia gente.”
    “Ti capisco.”
    Pensò a Inej, e al suo sogno, e a Jesper con i suoi debiti e a Wylan che voleva staccarsi dal padre. Li avrebbe aiutati tutti, in un modo o nell’altro, magari Kaz avrebbe elaborato un nuovo piano per guadagnarci dalla situazione imprevista che Nina aveva portato con sé.
    Ma forse Nina era stata un po’ troppo coi rivoluzionari dell’altro mondo, e adesso doveva fare la cosa giusta.
    Nina gli prese la mano. “Vieni con me?”
    “Sempre.”
     
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