Prove

[Haikyuu!]

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    Dopo una lunga serie di squadre e squadrette sparse per tutta Europa, finalmente arrivò la chiamata definitiva, quella che Oikawa aspettava da tutta la vita. Una chiamata per giocare nel campionato italiano. E non in una squadra qualsiasi, nossignore, nella squadra che aveva vinto la Champions e lo stesso campionato l’anno precedente.
    La Lube Civitanova.
    “Il nostro attuale palleggiatore titolare,” aveva iniziato a dire l’agente della Lube, in un inglese abbastanza stentato, “purtroppo non rinnoverà il contratto con noi l’anno prossimo. Abbiamo già un secondo palleggiatore che pensiamo di confermare come titolare, quindi, ma proprio per questo vorremmo un palleggiatore giovane come nuovo secondo. Come società, ci teniamo sempre a scegliere giocatori che possiamo far crescere all’interno della nostra squadra.”
    A Oikawa andava benissimo. Nemmeno lui, per quanto bravo potesse essere, si aspettava di giocare immediatamente titolare all’interno di una squadra famosa come la Lube. Poteva andare bene probabilmente in una squadra di seconda fascia, dove c’era un altro connazionale – non uno di quelli che aveva incontrato nel corso dei tornei scolastici – che militava lì come banda.
    Già però avere la possibilità di alzare la palla per qualcuno dei giocatori della Lube, anche solo in allenamento, l’avrebbe aiutato a crescere. E poi chissà, magari poteva già dimostrare il suo valore e diventare immediatamente primo palleggiatore. Non metteva limiti alla provvidenza, né al suo talento.
    Poiché momentaneamente era senza contratto e senza squadra, l’agente della Lube gli fece la proposta di iniziare a presentarsi agli allenamenti, se voleva. Non potevano ancora fare una presentazione ufficiale, e non l’avrebbero contrattualizzato fino alla fine del campionato, con tutto quello che ne conseguiva (stipendio, disponibilità di alloggio, ecc).
    Il coach era disponibile, e Oikawa era più che intenzionato a prendere parte il prima possibile alla sua squadra. A mettere il piede in campo e non levarlo più.
    Civitanova come città non sembrava il massimo – Oikawa era molto condizionato dalle foto dei viaggi turistici spacciate dalle agenzie in Giappone, che mostravano chissà quali meraviglie delle città più famose – ma non era lì per divertimento. Dopo aver preso la stanza nell’albergo, seguì le indicazioni per raggiungere la palestra.
    L’agente era all’entrata della palestra, gli fece fare un breve tour, gli mostrò lo spogliatoio e poi gli chiese di cambiarsi (ma in quello degli ospiti) per poi entrare in palestra per conoscere l’allenatore.
    Oikawa fu accolto dal rumore di palloni che battevano sul parquet uno dietro l’altro. La squadra era già tutta in campo, ad allenarsi. La presentazione con l’allenatore fu breve e poco memorabile, perché Oikawa era davvero più interessato a vedere i giocatori in campo.
    Soprattutto lui, Bruno, il palleggiatore titolare.
    Ovviamente Oikawa già lo conosceva, difficile non conoscere un palleggiatore che era ritenuto il migliore al mondo, e che aveva vinto tutto ciò che si poteva vincere nel corso della sua vita.
    Vederlo dal vivo faceva tutto un altro effetto. E poi era altissimo, molto più di quanto sembrava in televisione – a dir la verità, erano tutti altissimi, delle vere bestie a livello fisico. A una certa uno di loro – uno dei tre cubani - gli venne quasi addosso nel tentativo di recuperare una palla e Oikawa temette seriamente di morire. Persino quando suddetto cubano gli chiese scusa, per un attimo Oikawa temette che lo volesse uccidere.
    L’unico della sua altezza era il Libero, che si presentò come Fabio.
    Non ebbe molto a che farci inizialmente perché faceva un allenamento specifico per conto suo assieme al secondo libero, e ad Oikawa non fu permesso di partecipare, ovviamente, né alla partita di allenamento né agli allenamenti più intensi che ovviamente erano riservati alla squadra titolare che stava ancora finendo la stagione.
    Tuttavia, il libero in questione si avvicinò ad Oikawa alla fine dell’allenamento, quasi spaventandolo perché non si aspettava che persone della squadra fossero interessate ad avvicinarsi a lui.
    “Ciao,” gli disse, quasi spaventandolo, una mano sulla spalla. “Hai qualcosa da fare adesso?”
    “Ehm… no?”
    “Ti offro un caffè, allora.”
    Nella lingua degli italiani, significava andare in uno dei locali che chiamavano bar e prendere non necessariamente un caffè. Fabio infatti prese un succo e Oikawa stesso optò per un più dolce cappuccino: aveva già avuto la sfortuna di provare il caffè italiano e non faceva per lui.
    All’inizio, la conversazione fu molto semplice, Fabio gli chiese in che squadre avesse giocato, come si stesse trovando, com’era la pallavolo in Giappone, cose così. Fu molto stupito da tutta la storia di Oikawa, che era passato per il beach volley in Brasile prima di tornare alla pallavolo indoor. Fabio era rimasto sempre in Italia, dopo aver vinto con la Nazionale U17 era stato preso da una squadra di serie A e poi era approdato alla Lube al suo secondo anno. Oltre a essere stato convocato per la nazionale maggiore, ovviamente.
    Oikawa sentì di odiarlo un po’. Nonostante il suo talento e il suo successo, dopo le superiori non era riuscito a farsi prendere da nessuna squadra (la sconfitta ai tempi delle medie ancora gli bruciava) e aveva così optato per fare diverse esperienze all’estero, Brasile incluso. Questo però gli aveva momentaneamente precluso la possibilità di essere convocato in Nazionale, al contrario di chi una volta era un suo inferiore ed ora era stato eletto a miglior palleggiatore del Giappone.
    Fabio prese il suo cellulare, ci smanettò un po’ e poi lo passò a Oikawa, dopo aver fatto partire un video di youtube.
    Poco convinto, Oikawa lo prese e guardò il video. Si intitolava “The Best Libero in the World: 10 moments” e in effetti riprodusse dieci fantastiche azioni di un Libero della nazionale francese (anche se, fra le varie maglie che indossava, Oikawa riconobbe anche quella della Lube).
    Oikawa riteneva il gesto atletico dei palleggiatori la cosa migliore della pallavolo, ma doveva riconoscere che quel particolare libero aveva un modo aggraziato di muoversi, e per di più aveva preso palle impossibili e in maniera altrettanto impossibile le aveva restituite all’alzatore nella maniera corretta. Comprendeva perché lo avessero considerato il libero migliore del mondo.
    “Perché mi hai fatto vedere questo video?”
    “Lui era il Libero titolare della Lube un paio di anni fa,” Fabio disse. “Poi un’altra squadra italiana lo assunse, adesso gioca nell’Itas Trentino.”
    “Come mai?”
    Fabio alzò le spalle. “Spesso i giocatori cambiano squadra, qui in Italia, per provare a cambiare modalità di gioco e tutto. Non sta a me giudicare le scelte di altri. E non è questa la cosa importante.”
    “E quale sarebbe allora?”
    “Che quello era il Libero della Lube prima di me, e quando io ho iniziato a giocare con la Lube avevo alle spalle solo una vittoria con una Nazionale giovanile, e un’esperienza di un anno in serie A. Sai quante critiche mi sono preso?”
    “Immagino non sia stato facile sostituire uno come lui,” mormorò Oikawa restituendogli il cellulare.
    “No, infatti. E non lo è tutt’ora.” Fabio sorrise. “Non è stato facile l’anno scorso, ma la squadra mi ha aiutato, abbiamo lavorato assieme e molti, alla fine, hanno detto che parte della vittoria dello scudetto è stata merito mio e delle mie difese.”
    “Una bella soddisfazione.”
    “Quello che voglio dire è che nemmeno per te sarà facile sostituire uno come Bruno. Ma qui potrai crescere. Nessuno si aspetterà da te che potrai fare subito quello che faceva Bruno, ma si aspetterà che tu diventi capace di imparare a farlo. La differenza sta tutta qui.”
    Oikawa non sapeva se meritava quell’attenzione, ma era un po’ commosso dal fatto che Fabio si fosse rivisto in lui ed era venuto esplicitamente per consolarlo.
    “Sono venuto qui apposta,” gli rispose. “E prima o poi avrò un mio video qua dentro.”
    “Ci conto,” Fabio rispose, e poi si alzò e pagò lui il conto.
    Oikawa lo guardò andar via pensando che aveva una gran voglia di tornare ad allenarsi.
     
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