Ossessione

[Promare] Omegaverse, non-con

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    Gli Alpha erano schiavi del sesso, ossessionati dall’odore degli Omega.
    I Burnish erano schiavi dei Promare, ossessionati dall’idea di bruciare.
    Kray faceva parte di entrambe le categorie, ma non era ossessionato da nulla. Era parte di una razza superiore, evidentemente, che prendeva il meglio di entrambe le categorie lasciando agli altri l’onere di essere schiavi di qualcosa.
    Personalmente, Kray non considerava il progetto Parnassus e il suo desiderio di diventare il salvatore dell’umanità un’ossessione. Certo non avrebbe permesso a nessuno di impedirglielo, a costo di diventare un assassino, ed era qualcosa a cui aveva dedicato la sua intera vita, ma a parte questo, non era un’ossessione. Era una cosa necessaria per la salvezza dell’umanità, qualcosa di cui lui si era fatti carico.
    L’unico che potesse farsene carico.
    E parlando di questo… non aveva ancora deciso cosa farne di Galo.
    Quell’Omega era stato l’inizio del suo successo, ma anche il suo più grande tormento. Un altro preda delle proprie ossessioni, lui e la sua fissa con lo spegnere incendi.
    Ogni singola volta che l’aveva visto tornare sano e salvo da qualche missione complicata, aveva avuto il desiderio di prendere e ucciderlo con le sue mani. Ma, di nuovo, Kray non si lasciava prendere dall’ossessione, e per quanto ci avesse provato in diverse occasioni a far in modo che Galo morisse, non sarebbe arrivato a farlo da solo.
    La fine sarebbe arrivata per lui, prima o poi, assieme a quella della Terra stessa.
    Non aveva preventivato di dovergli rivelare il Progetto Parnassus, anche perché si aspettava la reazione di Galo. Un sempliciotto come lui non avrebbe mai capito l’importanza di prendere decisioni difficili, la comprensione che a volte salvare tutti era impossibile e che era meglio concentrare gli sforzi su salvare quello che era possibile.
    Col senno di poi, Kray ammetteva di aver commesso un errore.
    Avrebbe dovuto semplicemente mentirgli, dirgli che non era vero. A chi avrebbe creduto Galo? A lui, il governatore, l’uomo che l’aveva salvato, o a quel terrorista, quel Burnish, che andava in giro a incendiare tutto quello che gli capitava sottomano?
    Con grande disgusto, Kray doveva ammettere anche che era stata la sua natura di Alpha a tradirlo, in quell’occasione.
    Non aveva mai preso Galo con sé. Non era interessato – a differenza degli altri Alpha, interessati a trovare al più presto un compagno – e anche se lo fosse stato non avrebbe mai scelto Galo, la persona che più di tutti voleva vedere morta.
    Eppure, era indubbio che Galo fosse suo.
    Agli occhi del mondo, che conoscevano ampiamente la loro storia e vedevano in continuazione come Galo gli girasse intorno come la Terra al Sole, esattamente come si sarebbero aspettati da un Omega che fosse legato definitivamente a un Alpha.
    E, in un certo senso, era suo anche agli occhi dello stesso Kray. Odiava il modo in cui Galo lo guardava, ma a conti fatto era uno sguardo che Kray voleva, l’ammirazione suprema. Kray pensava che gli uomini della futura terra lo avrebbero guardato così, come l’uomo che li aveva salvati tutti dalla distruzione. Guardava agli occhi di Galo come a una anticipazione della sua vita futura.
    Per questo, forse, non perché fosse ossessionato dalla situazione, gli aveva lasciato addosso il suo odore. Non abbastanza perché Galo lo desiderasse durante il suo calore (anzi, Kray era stato ben attento a stare il più lontano possibile da Galo durante quei momenti, proprio per evitare situazioni spiacevoli), ma abbastanza perché gli altri Alpha stessero alla larga.
    Tutti tranne quel Burnish, evidentemente.
    D’altronde, peggio di un Burnish c’era solo un Alpha Burnish.
    Kray se n’era accorto subito, era un odore penetrante, pungente alle sue narici. Troppo lieve da fargli pensare che Galo fosse stato preso, tant’è che dubitava Galo stesso se ne fosse accorto, ma abbastanza forze perché gli altri Alpha, incluso Kray, lo notassero.
    Se era una sfida, forse avevano preso la persona sbagliata per provare a ingelosire Kray. Non di meno, aveva odiato sentire quell’odore, aveva odiato il fatto che a Galo sembrasse non importare, e aveva odiato che Galo fosse venuto a chiedergli spiegazioni su qualcosa che un Burnish qualsiasi gli aveva detto.
    Apparentemente che Kray fosse il suo Alpha e l’uomo che l’aveva salvato non bastava a Galo per fidarsi di lui.
    Così aveva raccolto la sfida, una che non poteva vincere, conoscendo Galo.
    Una bella giocata da parte del Burnish, glielo doveva riconoscere.
    Così adesso si ritrovava Galo chiuso in una cella senza sapere cosa farci. Chiaro che non l’avrebbe portato con sé, però finché rimaneva lì dentro era nel range della nave Parnassus. Ma non poteva nemmeno lasciarlo libero, perché avrebbe parlato o comunque agito, e non aveva intenzione di ucciderlo con le sue mani.
    Era un bel problema.
    “Governatore, come da sua richiesta,” la sua segretaria annunciò, aprendo la porta del suo ufficio all’ultimo piano.
    Due guardie spinsero con poca delicatezza Galo all’interno dell’ufficio.
    Aveva ancora le manette ai polsi, le mani tenute di fronte a lui. E per una volta, aveva persino una maglietta addosso.
    “Laciateci,” Kray ordinò ai suoi. “Non c’è nessun pericolo. Non è necessario che rimaniate di guardia, vi chiamerò io quando avrò finito.”
    Galo attese solo che la porta fosse chiusa dietro di lui prima di parlare. “Kray, siamo ancora in tempo. Possiamo fermare tutto questo, assieme.”
    “Ti ho già detto che non c’è più tempo,” ribatté Kray alzandosi dalla sua poltrona. “Se ci fosse stata un’altra soluzione, l’avrei intrapresa. Spero che un giorno lo capirai.”
    “Non potrò mai capire come sia possibile accettare di sacrificare delle persone innocenti.”
    “Quelli non sono persone, sono Burnish.” Kray camminò nella sua direzione: i giorni di prigione non erano bastati a cancellare l’odore dell’altro Alpha. Era disgustoso.
    “Persone. Che hanno bisogno del nostro aiuto.”
    “La Terra ha bisogno del nostro aiuto.”
    “E allora permettimi di aiutarla. Io non penso che Lio voglia la distruzione del mondo, forse c’è un altro modo… se i Burnish collaborassero con noi…”
    Ora Galo era di fronte a lui, e l’odore dell’altro Alpha, da così vicino, era così forte da fargli venire voglia di vomitare. Quello che Galo stava dicendo non aiutava.
    “Non collaboreranno mai. Sono mostri e come tali vanno trattati. Non ti ricordi che è stato un Burnish a uccidere i tuoi genitori? Saresti morto se non fosse stato per me. E sempre un Burnish ti ha fatto questo.” Accarezzò con la punta delle dita il braccio sinistro di Galo, e lo sentì rabbrividire sotto il suo tocco.
    “Lo so che sei stato tu a salvarmi,” Galo mormorò. “Ma proprio per questo devo fermarti. Non ti riconosco più nell’uomo che conoscevo. Il Kray che conosco non avrebbe mai fatto una cosa del genere.”
    Kray gli prese la faccia fra la mano. “O forse sono sempre stato io, e tu ti sei illuso che fossi la persona che volevi. Forse hai dimenticato quello che sono veramente perché per te era troppo doloroso.”
    “Questo non è possibile.”
    “Guardati. È bastato un Alpha qualsiasi a toglierti tutta la fiducia in me.”
    Gli afferrò la maglietta nera e la strappò via con un colpo solo. Galo rimase senza fiato, e poi i suoi occhi si aprirono, capendo. Non era la sua ossessione da Alpha che spingeva Kray a fare ciò, era solo una semplice forma di ricompensa. Aveva sopportato Galo troppo a lungo.
    “Non hai mai voluto…” Galo sospirò. “Adesso non voglio io.”
    Le mani di Kray erano già sulla cintura dei suoi pantaloni quando Galo gli tirò un calcio e si divincolò dalla sua presa. Pur con le mani legate, provò a colpirlo con un pugno, ma si bloccò a metà, il calore indotto dalla vicinanza con un Alpha intenzionato a prenderlo che lo costringeva a cedere al più basso dei suoi istinti.
    “Voi Omega,” Kray sbottò.
    Nonostante anche gli Alpha avessero i loro problemi, era decisamente una posizione migliore.
    Con una mano afferrò i capelli di Galo e lo spinse a terra, trattenendolo a terra con il ginocchio sulla sua schiena. Gli sfilò i pantaloni quanto bastava, precependo un odore fortissimo che lo chiamava. Kray sapeva che avrebbe potuto diventare un’ossessione, ma proseguì ugualmente, certo di essere meglio di qualsiasi Alpha.
    “Non farlo, Kray,” Galo ringhiò da sotto di lui.
    “E perché non dovrei?” Kray disse, e non attese risposta prima di penetrarlo. “L’abbiamo già fatto. Molte volte.”
    “Non è vero.”
    “Mi rammarica che tu te lo sia dimenticato, ma in un certo senso lo capisco. Hai sempre voluto nascondere a te stesso la verità.”
    “Di che cosa stai parlando?”
    Galo si stava trattenendo a fatica dal mugolare, i denti stretti nel labbro inferiore, ma a Kray non importava, gli bastava sentire quant’era umida la sua entrata per capire che era nelle sue mani, e che avrebbe cancellato l’odore dell’altro Alpha interamente.
    “Sono stato io a distruggere la tua casa,” Kray disse. “Il tuo salvataggio è stato solo un caso fortuito, vantaggioso per la mia carriera, ma nient’altro. E francamente non pensavo ti avrei più rivisto dopo che ti avevo preso quella stessa notte.”
    Parte di quello era una bugia, ovviamente. Ma Galo doveva capire che era sempre stato il suo Omega, anche quando non pensava di esserlo.
    “Non è vero!”
    “Te l’ho detto molte volte nel corso di tutti questi anni,” Kray continuò. “Di tutte le volte che ho sperato che fossi morto, quando invece tornavi sempre da me e io non avevo altra scelta che prenderti.”
    “Stai mentendo…” Ma questa volta il tono era meno convinto, più un gemito.
    “Te lo sei scordato ogni volta, per proteggerti da te stesso e da me. Ma stavolta farò in modo che tu non te lo possa scordare mai più.”
    “No!”
    In realtà, non è che Kray lo volesse davvero. Il nodo avrebbe rischiato di legarlo davvero a lui, più di quanto avesse voluto. Ma in fondo Galo sarebbe morto con l’umanità, quindi che cosa importava?
    Per una volta, poteva anche lasciarsi andare.
    Quand’ebbe finito, si risistemò la patta dei pantaloni con tutta calma, tornando ordinato nella sua divisa bianca. Galo era ai suoi piedi, lo sperma che colava giù dalle natiche e il corpo che tremava, ma il viso completamente voltato verso il pavimento, per non rischiare di guardare Kray nemmeno per sbaglio.
    “Non dimenticherai questa volta,” Kray ripeté.
    Tornò alla scrivania. Lentamente, Galo si alzò e con la schiena voltata verso di lui si tirò su i pantaloni. Non c’era più molto che potesse fare, a questo punto. Eppure Kray poteva immaginare che il suo volto non si fosse arreso.
    Forse non avrebbe lasciato Galo sulla Terra a morire. Forse l’avrebbe portato con sé per ricordarsi di com’era stato essere adorati la prima volta, e per ricordare agli altri – tutti gli altri Omega che avrebbe portato con sé – che cosa significava.
    Avrebbe potuto sbarazzarsene con calma in futuro. D’altronde, non era come gli altri Alpha, ossessionati dai loro Omega, e non lo sarebbe mai stato.
     
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