I muti della storia - i custodi delle stelle

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    Burnas terminò di salire i gradini della torre, che gli sembravano aumentare di numero ogni sera, spalancando la botola per accedere al tetto. “Perdonate il ritardo.”
    Gli altri quattro saggi erano tutti al loro posto: ai lati di un pentagono immaginario inscritto dentro la terrazza circolare, in modo da aver una visuale completa sia della terra, sia del cielo. Il più anziano di loro, colui che aveva il diritto di posizionarsi sulla punta che mirava al centro della città, voltò leggermente la testa verso di lui.
    “Che stai facendo?” gli sussurrò invece Ishme, cercando di non farsi notare dagli altri a fornire suggerimenti. Egli stava all’opposto del pentagono, alla sua sinistra. “Sbrigati a sistemarti!”
    Burnas annuì, fece un leggero inchino e prese posizione, quindi alzò gli occhi per fissare la volta celeste, luminosissima come al solito.
    Quel lavoro lo annoiava veramente. Alla fine, vagabondare di giorno per la città poteva risultare divertente: Babilonia, con la sua mescolanza di popoli ed etnie, offriva sempre degli stimoli interessanti. Peccato solo che, dopo una notte intera ad osservare il cielo, sempre nello stesso punto, per di più in piedi, non fosse mai abbastanza sveglio per cogliere tutte le sfumature.
    Anzi, non era sveglio per nulla! Passava il pomeriggio a dormire e, per questo motivo, non riusciva mai a presentarsi alla torre puntuale, al crepuscolo. In effetti, si chiedeva sempre come potessero riuscirci i tre vecchi bacucchi che occupavano i bracci e la punta della stella: per quanto ne sapeva Burnas, gli anziani si stancavano più facilmente dei giovani.
    Abbassò lo sguardo e scoccò delle occhiate furtive intorno a sé: i tre matusa se ne stavano bene con il naso all’insù, senza badare minimamente a ciò che capitava attorno. Effettivamente, era quello per cui il tempio di Marduk li pagava e che teoricamente avrebbe dovuto compiere anche lui.
    Con circospezione, si allontanò dalla sua postazione per avvicinarsi a quella di Ishme. Il suo coetaneo era decisamente più diligente di lui, ma poiché era anche un suo amico, si lasciava coinvolgere facilmente. Finirono per sedersi entrambi sul muretto esterno della torre, esattamente dal lato opposto della punta, in maniera che gli altri tre non li notassero. Le gambe a penzoloni sovrastavano una delle vie principali di Babilonia, a quell’ora buia e silenziosa.
    “Ti sei di nuovo addormentato di giorno, eh?” mormorò Ishme. “Vuoi farti cacciare?”
    “No, naturalmente…” sbuffò Burnas.
    Egli non aveva un rango altolocato, ma la sua famiglia possedeva da lungo tempo un’etimologia cassita; chiunque poteva pensare che risalissero a quella nobiltà che aveva avuto tanto peso nelle vicende politiche della seconda dinastia di Babilonia e che era stata poi cacciata da Tiglarpirese, re d’Assiria.
    Per questo motivo, suo padre, discendente di un persiano arrivato a Babilonia con Ciro il Grande, era riuscito ad introdurlo negli ambienti alti della casta sacerdotale. Era stato notato dal sacerdote supremo di Marduk per il suo spirito d’osservazione ed assegnato così al più grande incarico a cui un chierico potesse aspirare: sacerdote addetto agli “omina” sulla torre di Babele.
    Farsi cacciare avrebbe significato non solo bruciare tutti i rotoli di papiro della biblioteca di Assurbanipal (cosa che, per quanto ricordasse, qualche sciocco aveva fatto), ma anche deludere le aspettative della sua famiglia, che già si vedeva riportata ai fasti che le spettavano un millennio prima.
    “Allora cerca di impegnarti un po’ di più!”
    “Ci provo!” esclamò seccato Burnas, cercando di mantenere tuttavia un tono basso di voce. “È che proprio non mi reggono le palpebre… Ho chiesto persino di gettarmi dell’acqua fredda addosso, ma niente!” Ed indicò i corti capelli neri, asciutti solo sulle punte.
    L’amico scosse la testa, divertito. “Forse non sei portato per questo lavoro.”
    Al contrario di lui, Ishme era di famiglia nobiliare non decaduta, risalente all’invasione di Nabopolassar, cioè alla terza dinastia di Babilonia; inoltre, erano molto considerati presso i re discendenti di Ciro il Grande, per la loro politica nettamente filopersiana. I sacerdoti non l’avrebbero mai cacciato via dalla sua posizione, per paura di ripercussioni dalla capitale.
    Nonostante questo, però, Ishme si impegnava moltissimo nel suo lavoro e, alla sera, era quello che riportava maggiori informazioni sui fatti della giornata, meritandosi i complimenti di tutti. Lui, invece, riusciva a girovagare solo la mattina: generalmente non capitava mai un evento “unico” da poter raccontare ed associare ad un particolare movimento astrale.
    “In effetti, lo sai perché ho accettato l’incarico?” chiese Burnas.
    “Perché è il più importante che tu possa ottenere?”
    “No, per scoprire se un giorno mi sarei sposato.”
    Ishme scoppiò a ridere.
    “Vorrei trovare una bella moglie, con cui andare a vivere assieme” proseguì Burnas. “Poter tornare a casa per colazione e trovarla là, bella, profumata… Sono certo che non mi addormenterei nemmeno se andassi a letto!”
    L’amico continuò a ridere. “Ma non faresti comunque il tuo lavoro…”
    “Per quello ci sei tu” replicò Burnas. “A me basterebbe arrivare puntuale.” Leggermente, allargò il collo della tunica e sbirciò all’interno. “Ecco, guarda com’è bello sveglio lui!”
    “Lui chi?!”
    “L’amico del sotterraneo, il mio pene.”
    Ishme lo fissò incredulo, cercando di trattenere le risa, ma inutilmente: si premette le mani sulla bocca, gonfiando le guance per non scoppiare. “Comunque, non credo che avrai un simile responso dalle stelle” disse una volta calmatosi. “Descrivono maggiormente i grandi eventi generali, che i particolari. Anche se ci fosse un movimento astrale per un matrimonio, chi potrebbe sapere a quale persona si riferisce? Ogni giorno almeno una coppia si sposa.”
    “Hai ragione…” annuì tristemente Burnas. “A meno che non avvenga una cosa di gruppo fra tantissime persone…”
    “Non accadrà mai! Dovrebbe ordinarlo il re in persona!”
    L’altro rise. “Potresti chiederlo a Dar-” Si bloccò, con la bocca aperta verso il cielo. “Hai visto?”
    Ishme annuì vigorosamente, continuando a fissare il punto del cielo dove la cometa era apparsa e scomparsa in un secondo, giusto sotto la cintura di Orione. “Mi sembra che un caso simile sia già stato catalogato negli omina…”
    Immediatamente, i due ragazzi si precipitarono giù per le scale, raggiungendo l’ultima stanza della torre, che fungeva loro da ufficio; attorno alle pareti, erano ammassati nelle librerie centinaia di tavolette e rotoli di papiro, che contenevano tutte le predizioni dal tempo della dinastia cassita fino a quel momento. Iniziarono a prenderli dagli scaffali, esaminandoli e poi gettandoli scompostamente quelli scartati sul grande tavolo al centro.
    “Eccolo!” esclamò finalmente Burnas, che aveva trovato, in una tavoletta, la riproduzione dell’immagine che aveva visto nel cielo. Lesse la didascalia nella parte destra: “Giorno in cui l’usurpatore Nabucondonosor venne scacciato e Babilonia aprì le porte al liberatore Ciro il Grande, re dei persiani.” Fissò l’amico. “Che significa? Ci sarà un’altra conquista? E di chi?”
    “Ma certo!” Ishme illuminò il suo viso con un sorriso. “Non hai sentito le notizie? Pare che il re di Macedonia, il paese alleato con i greci, abbia varcato l’Ellesponto con l’intenzione di prendere il posto di Dario!”
    “E ci riuscirà?” Burnas sembrava scettico, perché l’impero persiano sembrava troppo vasto per le minuscole e lontane città del Peloponneso.
    “Secondo noi, sì.” Ishme sembrava fuori di sé dalla gioia. “Andiamo immediatamente ad avvertire i soldati di aprire le porte, nel caso arrivasse un esercito, perché così hanno comunicato gli dei.”
    Mentre correvano per le strade deserte di Babilonia, con le lunghe tuniche rosse che si avvolgevano fastidiose attorno alle ginocchia, Burnas chiese: “Ma tu non dovresti essere preoccupato?”
    “E perché?” rispose Ishme, che lo superava almeno di un cubito nel passo.
    “La tua famiglia è legata ai persiani…”
    “Le famiglie nobiliari restano nobili sotto qualunque sovrano, i poveri restano poveri sotto qualunque sovrano” replicò l’amico. “Generalmente, le cose che cambiano sono solo i titoli.”
    Burnas sorrise. “Credi che porterà con sé qualche bella greca?”
    “Ma tu sei fissato!”
    Giunsero ai piedi delle alte mura di Babilonia con il fiato corto, le gambe molli e le tuniche umide di sudore. I soldati che presidiavano la zona, al vederli, si radunarono loro attorno, con grande curiosità. Sapevano infatti che i sacerdoti della torre di Babele non lasciavano mai la loro postazione prima dell’alba, o avrebbero rischiato di perdere qualche importante movimento stellare. Doveva perciò trattarsi di una grande notizia.
    Non appena Ishme ebbe abbastanza fiato per parlare, spinse quanto poté le spalle indietro ed il petto in avanti, per sembrare più autorevole. “I tempi della dominazione persiana sono conclusi” declamò. “Domani l’esercito di Alessandro il Grande, re dei Macedoni, giungerà sotto le mura di Babilonia.”
    Poiché tra le file dell’esercito vi erano molti persiani, che costituivano il presidio del Gran Re nella regione, la risposta fu un mormorio arrabbiato ed incredulo. “Credete dunque che un ragazzino con un manipolo di montanari e democratici possa sconfiggere un esercito potente e preparato come il nostro, per di più sul nostro stesso territorio?”
    “Attento a quello che dici” disse Burnas. “Le stelle non mentono, perché sono segnali degli dei. Vuoi forse che Marduk s’infuri e fugga per altri trent’anni da Babilonia?”
    “Mi sembra che il ‘manipolo di montanari e democratici’ abbia già sconfitto più volte il vostro potente esercito” aggiunse Ishme. “Ricordo… Maratona, Salamina, Platea…”
    Il soldato persiano tacque, anche viste le occhiate che i babilonesi gli stavano scoccando. I sacerdoti della torre di Babele non potevano mentire; inoltre, la possibilità che Marduk s’infuriasse era per loro più pericolosa delle ripercussioni del Gran Re.
    Poi, un altro soldato, rimasto sulle mura, gridò: “È arrivato un messaggero! È arrivato un messaggero!” Questi fu fatto entrare in fretta, poiché tutti era ansiosi di verificare la veridicità della predizione, anche gli stessi Burnas ed Ishme. In effetti, era la prima volta che si trovavano a scoprire qualcosa di così importante.
    Il messaggero prese fiato. “L’esercito persiano è stato sbaragliato nella piana di Isso e a Gaugamela. Il Gran Re è stato costretto a fuggire due volte e adesso il regno è senza sovrano!”
    “Un sovrano c’è!” replicò Burnas, esultando.
    “Ve l’avevo detto.” Ishme incrociò le braccia. “Alessandro il Grande entrerà a Babilonia come Ciro il Grande. Voi gli aprirete le porte, perché così ordinano gli dei.”
    ***
    “Gli dei vi concedano una buona nottata di lavoro” disse Burnas, entrando nell’ultimo piano della torre. Poiché la stella di Ishtar non era ancora spuntata all’orizzonte, nessuno dei saggi si era ancora sistemato sulla terrazza. Anzi, i tre vecchi bacucchi non erano nemmeno presenti.
    “Sei in anticipo!” esclamò Ishme. “Oh, dei..!” E si mise a scorrere con impazienza i disegni che avevano fatto con i movimenti astrali della sera precedente.
    “Che stai facendo?”
    “Voglio trovare una stella che indichi, come previsione, il tuo arrivo puntuale” rispose l’amico. “Almeno sapremo che è qualcosa che non accadrà più.”
    “Almeno finché un altro sovrano non entrerà a Babilonia” replicò Burnas. “Con tutto il caos che c’era per le strade non sono riuscito a chiudere occhio nemmeno per un attimo, così…” Sbadigliò vigorosamente, “…eccomi qui.”
    Ishme sorrise. “Vuoi dire che tu non sei andato per le strade a festeggiare il suo ingresso? C’erano tante belle ragazze…”
    “Sì, tutte a fare gli occhi dolci a quello, manco fosse questo granché… Io sono persino più alto.” Poi sorrise. “Tutti lo chiamavano ‘il Grande’, come avevi annunciato tu.”
    “In effetti, posso prendermene con gioia il merito.”
    Il capo dei saggi entrò nella stanza, seguito dagli altri due. Vedendo Burnas si bloccò, come colpito da un fulmine, poi alzò le braccia al cielo. “Oh grande Marduk, proteggi il nostro re Alessandro, che ha compiuto il miracolo!”
    E gli altri due sacerdoti, che lo seguivano, chinarono il capo a quelle parole. Anche Ishme li imitò, con il sorriso appena accennato sulle labbra, giusto per infastidire Burnas che, tra il sonno e la rabbia, aveva un’espressione assolutamente comica.
    Poi, mentre salivano le scale per raggiungere la terrazza, giacché il sole stava tramontando velocemente, quest’ultimo chiese all’amico: “Un piccolo regno ha sconfitto un regno enorme, ergo può accadere di tutto al mondo. Riuscirò io a trovarmi una donna?”
    “Chissà… Che cosa ne pensa l’amico del sotterraneo?”
    “Oggi dorme.”


    Quando la laureanda ebbe terminato la lettura della prima pergamena, alzò lo sguardo e fissò tutti i professori, ad uno ad uno. Non sapeva veramente che cosa dire. “Quel finale… Cosa vorrebbe dirci?” commentò infine, nella maniera più stupida possibile.
    “Volutamente ambiguo” rise il Professor D. “Ma hai notato la precisione storica di questo autore? Prima nomina i “Cassiti”, il popolo nomade che invase la regione di Babilonia, inaugurando la seconda dinastia, e non la prima, quella di Hammurabi. Inoltre dice giustamente che terminò con Tiglarpirese III, perché i re assiri precedenti preferivano sostituire il re locale cassita con uno a loro fedele, che puntualmente veniva ucciso dalla nobiltà sempre cassita, che non voleva perdere la sua influenza; Tiglarpirese allora si nominò lui stesso re di Babilonia con il nome di Puru.”
    “Sembra effettivamente scritta da un professore di storia” convenne la Professoressa B. “E mette proprio tutte le etnie apposta per mostracele… Qui c’è Nabopolassar, il re dell’altra popolazione nomade, i medi, che riuscì a conquistare Babilonia nel VII secolo. L’ultimo della dinastia fu appunto Nabucondonosor, se non ricordo male.”
    “E’ un romanzo vero e proprio” aggiunse la professoressa M. “I due protagonisti sono gli addetti alla torre di Babele. Nei tetsi conservati ci viene detto che il loro compito era osservare i movimenti delle stelle di notte e, di giorno, associarli a qualche evento di cui sentivano dire o che accadeva in città. Gli “omina”, se non ricordo male, sono appunto le raccolte di profezie che essi facevano: la tavoletta veniva divisa in due parti, a sinistra l’immagine del movimento e a destra la descrizione dell’evento.”
    “Bah!” esclamò la professoressa F. “Non ha il minimo senso! È impossibile che delle persone riescano a stare sveglie ventiquattr’ore su ventiquattro per tutta la vita, e poi… La torre di Babele non è la Ziqqurat fuori città?”
    “In effetti sì” rispose il professor M.
    “E’ un gioco” disse la laureanda. “E’ come se ci volesse descrivere un evento dal punto di vista di persone che lo hanno vissuto veramente, per farci indovinare quando è capitato… Ma in questo caso è facile!” Sorrise. “Siamo nel 300 a.C.”
    “Dal punto di vista dei Muti della Storia, come direbbe ***” aggiunse la professoressa B. “Brava, è proprio così!”
    “Bah!” ripeté la Professoressa F. “Leggi la prossima, almeno ha un’ambientazione migliore.”
     
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