Rimorsi

[Voltron Legendary Defender] - collegata a "Rimpianti"

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    Dopo aver liberato il pianeta dai Galra, i Paladini erano stati invitati dagli abitanti a partecipare alle celebrazioni che si sarebbero tenute in onore della ritrovata libertà. Tutti si erano dimostrati subito favorevoli ad accettare, soprattutto Shiro riteneva che avessero bisogno di un momento di pausa da tutte le battaglie che stavano affrontando di recente, e anche Allura acconsentì.
    “Approfittiamo di questo momento,” disse Allura, “per stringere ancora di più i nostri legami con loro, e capire se sanno qualcosa sui Galra che potrebbe esserci utile per le battaglie future.”
    “E divertitevi,” aggiunse Shiro.
    “E divertitevi,” confermò Allura, che come al solito era stata obbligata da Coran a restare al castello per sicurezza.
    Lance disse qualcosa di imbarazzante nei confronti di Allura e venne trascinato via da Pidge e Hunk, Shiro e Keith li seguirono al di fuori del Castello. La festa si rivelò molto simile a un mercato rionale terreste, con bancarelle sparse fra cibo e oggettistica e anche baracconi per i divertimenti. Tanta era la gente che Shiro perse di vista Keith e gli altri quasi subito, anche perché non mancava un attimo in cui non venisse fermato da qualche abitante che lo voleva ringraziare per il salvataggio.
    Alla fine riuscì a svincolarsi e a godersi il mercato, godendosi della normalità delle bancarelle, finché non ci fu una in particolare che attirò la sua attenzione. Era meno considerata rispetto alle altre, con un grosso cartello sopra che attirava l’attenzione in quanto scritto completamente in rosso.
    Diceva: “per liberarsi dei propri rimpianti e dei propri rimorsi”.
    “Sei interessato?” chiese l’alieno, notando che Shiro stava guardando il cartello.
    “Ehm… mi chiedevo di cosa si trattasse.”
    L’alieno indicò il sarcofago dietro di sé. “Se entri qui dentro, hai la possibilità di vedere la tua vita se avessi effettuato una scelta diversa. Di norma serve a farti capire se hai preso la decisione giusta.”
    “Ah, no, allora grazie,” rise Shiro. “So già che probabilmente ho preso decisioni pessime.”
    “Davvero?” disse l’alieno. “Perché magari non è vero. Magari hai sempre preso la decisione giusta e non lo sai. La mia macchina serve proprio a questo.”
    Shiro tergiversò un attimo. “Ma sì,” disse infine. “Peggio di questo non mi può capitare.”
    Così lasciò che l’alieno aprisse il coperchio del sarcofago, lo facesse accomodare e poi lo richiudesse sopra Shiro. Paradossalmente, non si sentì a disagio, il dentro era comodo e rassicurante, con una lucetta blu. Per non vedere il coperchio chiuso, chiuse gli occhi e si lasciò andare a quello che sembrava un rilassante rumore di onde.
    Poi, improvvisamente, sentì delle voci, prima lontane, poi sempre più vicine, come se lui si fosse avvicinato a loro e le stesse sentendo meglio. Sembrava che litigassero, a dire la verità, e uno di loro due sembrava Keith, mentre l’altro, benché familiare, Shiro non riusciva bene a coglierlo.
    Riaprì gli occhi con l’intenzione di dire qualcosa, ma si bloccò accorgendosi che non si trovava più all’interno di un sarcofago, ma era in un letto di quella che sembrava l’infermeria della Garrison. Con ancora più sorpresa, vide che accanto al suo letto c’erano Adam e Keith, il quale indossava una divisa da ufficiale della Garrison, e aveva anche lo stesso aspetto più adulto del Keith che Shiro aveva ritrovato dopo i due anni.
    Era questo quello che il sarcofago faceva? Che decisione stava cambiando, che realtà diversa gli stava mostrando?
    Entrambi smisero di litigare e lo guardarono. “Takashi,” disse Adam, con una voce soffice e rassicurata, “come ti senti? Ti ricordi quello che è successo?”
    “A dir la verità no,” ammise Shiro.
    “Sei svenuto mentre stavi andando in caffetteria. Da solo,” puntualizzò Adam. “Ti ho detto più volte che non devi uscire se non c’è qualcuno ad accompagnarti.”
    Keith, al suo fianco, fece una smorfia di fastidio, a cui Adam scoccò un’occhiata irritata.
    “Sto bene,” disse Shiro, “davvero.”
    Fece per alzarsi, ma Adam lo fermò. “Non sappiamo ancora le cause del tuo svenimento, per ora è meglio che rimani qui.”
    “Non hai una lezione?” disse Keith, petulante. “Posso restare io qui con Shiro.”
    Adam sembrò rifletterci un attimo, poi annuì, con un sospiro. “Va bene, ma non fallo scendere dal letto per nessun motivo. Lo so che speri ancora che Takashi abbia un’improvvisa guarigione, ma dobbiamo arrenderci all’evidenza che non è così.”
    “Ho detto che resto qui, vai tranquillo,” fu l’unica risposta di Keith, probabilmente un po’ troppo irritata per quello che Adam aveva detto.
    Senza che Shiro avesse la possibilità di ribattere, Adam lo baciò sulle labbra, mormorò un “a dopo” e poi uscì in tutta fretta dalla stanza. Con un’altra smorfia, Keith prese una sedia e si accomodò al fianco di Shiro, che solo in quel momento si sistemò un po’ meglio sul lettino.
    “Lo so che Adam a volte sembra un po’ troppo protettivo,” tentò di difenderlo Shiro, “ma lo sai che non ha cattive intenzioni.”
    “Non credo riuscirò mai a perdonarlo per non averti fatto andare a Kerberos,” rispose Keith. “Se ci fossi stato tu nulla di quello che è successo sarebbe accaduto.”
    “E che è successo?” chiese immediatamente Shiro, e poi si rese conto che non era una domanda che doveva fare, perché lui avrebbe dovuto saperlo, in quella realtà, avrebbe dovuto averla vissuta.
    Keith stesso ebbe un attimo di smarrimento, alla domanda, e scrutò Shiro attentamente. Poi, con lentezza, disse, “che cosa hai fatto al tuo braccio destro?”
    Shiro, senza accorgersene, lo alzò per osservarlo, e allora capì. Aveva il braccio di metallo, quello che gli avevano messo i Galra per farlo combattere meglio. Se non era partito per Kerberos non poteva averlo, in quella realtà. Keith lo afferrò e lo esaminò.
    “Questa non è un tutor…. Che cos’è Shiro?”
    Shiro prese un sospiro. “Sto per dirti una cosa incredibile… prometti di credermi?”
    “Lo sai che ti credo sempre, Shiro,” replicò Keith senza alcun dubbio.
    “Va bene,” Shiro annuì. “Io vengo da un’altra realtà. Una realtà dove sono andato come pilota durante la missione di Kerberos.”
    Keith sbatté le palpebre. “Ma se tu sei qui, dov’è lo Shiro della mia realtà?”
    Era quasi comico come Keith non fosse nemmeno per un secondo stupito dalla questione, ma gli avesse creduto sulla parola, informandosi solo su quello che gli importava davvero.
    “Immagino che sia finito al mio posto nella mia realtà.”
    “Oh. E com’è successo? Può tornare indietro?”
    “Penso proprio di sì… ecco, diciamo che stavo tentando un simulatore che potesse mostrare le diverse conseguenze di scelte diverse, e che ha funzionato fin troppo bene. Ma c’era chi se ne occupava dall’altra parte, quindi penso che rimanderanno indietro il tuo Shiro appena possibile.”
    “Bene, okay.” Ora Keith sembrava un pochino scosso. Continuava a spostare lo sguardo dal viso di Shiro al braccio di metallo. “Allora.. è andato tutto bene a Kerberos? Non come qui, immagino, dato che tu sei ancora vivo.”
    “Dimmi, Keith, che cos’è successo qui in questa realtà?” chiese allora Shiro, adombrandosi un attimo.
    Keith fece una smorfia. “Da dove vuoi partire?”
    “Dal perché non sono andato su Kerberos.”
    “Adam ti ha costretto a non farlo. Ha detto che ti avrebbe lasciato, perché non poteva sopportare che tu ti facessi male, e tu hai acconsentito. C’è andato quel cretino di Johnson, che non è arrivato più lontano di circumnavigare la terra, e si è visto.”
    Shiro si ricordava di Johnson, non era male come pilota ma in effetti non sarebbe stato la prima scelta di Shiro al suo posto. Però era ben ammanicato, se Shiro si ricordava bene. E così in questa realtà aveva preferito Adam al suo sogno… eppure, nonostante tutto quello che era successo dopo Kerberos, Shiro si ritrovò a pensare che non credeva sarebbe stata la scelta giusta. Non aveva provato niente rivedendo Adam, se non una sottile nostalgia.
    “Come prevedibile, Johnson ha sbagliato l’atterraggio e la navicella si è schiantata su Kerberos, sono tutti morti i membri dell’equipaggio. Per questo dico che se ci fossi stato tu non sarebbe successo.”
    A quello Shiro non stava già più pensando. “Erano Matt e Sam Holt, gli altri membri?£
    “Sì. Anche nella tua realtà?”
    Shiro annuì. “Ma se l’unica cosa diversa qui è la mia decisione…” E improvvisamente capì che c’era qualcosa che doveva fare assolutamente. “Keith,” disse serio. “Tu hai un coltello, vero? Un ricordo che hai sempre portato con te.”
    Ci fu un attimo di sorpresa negli occhi di Keith. “Come fai a saperlo… oh, certo, devo avertelo detto nell’altra realtà.”
    “Esatto. Potresti farmelo vedere?”
    Keith si frugò nella giacca della divisa e lo estrasse per passarglielo. Shiro lo esaminò e trovò senza alcun dubbio il simbolo delle Spade di Marmora. Quindi i galra erano là fuori da qualche parte, ma non c’era uno Shiro a venirli ad avvertire, e non c’era un Keith là fuori che potesse salvare Johnson dalla Garrison (posto che riuscisse a sopravvivere all’arena, cosa non scontata) e che stesse cercando il Leone Blu.
    Shiro doveva intervenire.
    “Ascoltami bene, Keith,” gli disse. “Molte di queste cose non avranno senso per te, ma dobbiamo farlo per salvare l’universo anche in questa realtà. Adesso tu devi andare a cercare dei tuoi ex compagni. Lance McClain, a questo punto credo si sia graduato come pilota cargo, Hunk Garret, che è un ingegnere, e penso che ci sia anche uno studente con il nome di Pidge Gunderson. Li devi radunare e gli devi dire che Takashi Shirogane ha bisogno di loro per una questione che riguarda la missione Kerberos. Vedrai che verranno.”
    “E poi?”
    “Vi spiegherò appena saremo tutti riuniti. Adesso vai.”
    Non ci fu nemmeno più un attimo di esitazione in Keith, che nonostante quello che aveva promesso ad Adam si alzò e lasciò la stanza in tutta fretta. Quando se ne fu andato, anche Shiro si alzò e recuperò la sua divisa, indossandola. Dentro c’erano le chiavi del suo appartamento e, soprattutto, le chiavi della sua auto. Si recò quindi al parcheggio e la trovò, nello stesso punto in cui la lasciava sempre anche nella sua realtà.
    Era incredibile quante cose fossero rimaste uguali, eppure quanta enorme differenza aveva fatto una scelta, un semplice sì o no.
    Prese la macchina, settò il navigatore su quello che gli sembrava essere il luogo dove avevano trovato il Leone Blu e attese. Come promesso, Keith si presentò con gli altri tre all’appuntamento dell’hangar, praticamente trascinando Hunk per la collottola.
    “Salite,” ordinò Shiro, e poi partì lasciandosi la Garrison alle spalle.
    “Questo non piacerà ad Adam,” fece presente Keith una volta che furono fuori dei cancelli.
    “Dovrà farselo piacere perché è per un bene superiore,” rispose Shiro, e Keith sembrò particolarmente deliziato della risposta.
    “Volevo solo dirle che sono onorato che lei abbia scelto me per questa missione, qualunque cosa sia,” disse Lance, “sono un suo fan da sempre.”
    “È vero che questa cosa ha a che fare con la missione Kerberos?” chiese Pidge.
    “Sì,” Shiro confermò. “Non c’è stato nessun incidente. L’equipaggio è stato rapito da una terribile razza aliena che sta colonizzando l’universo. Dobbiamo recuperare un’arma che stanno cercando prima che la trovino loro, e possiamo farlo solo noi.”
    “Oh,” Lance si paralizzò un attimo. “È la trama di almeno un paio dei miei film preferiti.”
    “È successo così anche nella tua realtà?” domandò Keith, e Shiro sapeva che c’era di più in quello che stava chiedendo rispetto a quello che chiese davvero. Quello che Keith voleva sapere era se Shiro stesso era stato rapito dagli alieni, e cosa quello comportasse.
    “Diciamo di sì.”
    “Okay, tutto chiaro, tutto bello, ma perché proprio noi?” protestò Hunk. “Io non sono un eroe da film.”
    “No, Hunk, lo sei, credimi.”
    Arrivarono all’entrata della grotta, Shiro scese e tutti lo seguirono finché non arrivarono nella cavità sotterranea dove si nascondeva il Leone Blu: era così anche in quella realtà.
    “Okay, ti credo,” commentò Pidge, con la bocca spalancata.
    “Lance,” disse Shiro, “questo è il tuo leone. Vai a prenderlo.”
    Lance si sentì immediatamente ringalluzzito dalla situazione, e si avvicinò allo scudo del leone Blu. Come l’altra volta, lo scudo si abbassò, tutti poterono entrare a bordo e il leone saltò via nello spazio per portarli al Castello dei Leoni.
    “Shiro,” chiamò Keith, spaventato. “Stai scomparendo!”
    Tutti si voltarono a guardare, e Shiro stesso alzò il braccio e lo vide diventare pallido e poi trasparente.
    “Sto per tornare nella mia dimensione,” capì Shiro. “Non so quanto tempo mi sia rimasto. Raccontate voi al vostro Shiro cosa sta succedendo, e ricordatevi di contattare le Spade di Marmora: anche loro sono Galra, vi aiuteranno. Abbiate tutti fiducia in voi stessi, siete stati scelti per una ragione, e Keith…” Si voltò a guardarlo, “grazie per essermi stato accanto anche in questa realtà.”
    “Lo farò sempre. Se quello dell’altra realtà non l’ha fatto, è un idiota.”
    No, non lo è, pensò Shiro, e poi il viso di Keith scomparve e ricomparve la lucina blu del sarcofago e Shiro spinse immediatamente via il coperchio: aveva di nuovo la sua armatura da paladino, e trovò tutti gli altri, Allura compresa, che lo guardavano rassicurati. Era di nuovo nel Castello dei Leoni.
    “Cos’è successo?” chiese.
    “Oh, nulla di che,” Lance agitò la mano. “Quello strano alieno ha tentato di rapirti e venderti ai galra, ma ti abbiamo salvato. Con noi intendo tutti noi tranne Keith, che l’unica cosa che ha fatto è stata farsi catturare anche lui.”
    Keith alzò gli occhi al cielo, e non rispose. Poi però guardò Shiro con una consapevolezza diversa.
    “Be’, allora vi ringrazio,” disse Shiro spicciolo, poi uscì definitivamente dal sarcofago e prese Keith per un braccio e lo portò in un luogo appartato. Prima che potesse dire qualcosa, fu Keith a parlare.
    “Li hai portati dal Leone Blu?”
    E Shiro sorrise. Ovvio che Keith ci avesse pensato, ovvio che Keith avrebbe immediatamente capito che cosa Shiro sarebbe andato a fare. Era sempre stato così.
    “Sì, l’ho fatto, grazie all’altro te stesso che è sempre stato dalla mia parte, anche nell’altra dimensione.”
    “Bene,” Keith sorrise, con le guance leggermente tinte di rosso.
    “Ma sono preoccupato per l’altro me stesso,” disse Shiro. “È davvero malato come facevano credere nell’altra dimensione?”
    Keith sbuffò. “Ovvio che no. Sì, non ha il vantaggio di una super arma, e la sua malattia ai muscoli ogni tanto gli crea dei crampi, ma sei tu. Se la caverà.”
    “Con te al fianco ne sono sicuro.”
    Keith arrossì ancora. “Guarda che è tutto merito tu, anche io… se non fosse stato per te io non sono dove sarei adesso…”
    “Sono comunque felice ti poter contare su di te,” aggiunse Shiro, mettendogli affettuosamente il braccio attorno alle spalle.
    “Dici che l’altro te stesso lo mollerà Adam, adesso?” chiese Keith, appoggiandosi maggiormente a lui.
    “Smettila di essere così cattivo con Adam,” Shiro protestò, anche se in maniera divertita.
    Ma dentro di sé era sicuro: l’altro se stesso avrebbe probabilmente lasciato Adam non appena fosse tornato nella sua realtà. Perché apparentemente era la cosa giusta da fare per la salvezza dell’interno universo.

    Edited by Akemichan - 31/3/2020, 20:18
     
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