Invidia

[Voltron Legendary Defender] tw: twincest, threesome, nsfw

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    Nella stanza c’era solo il suono leggero del condizionatore, una sorta di leggero bizz che avrebbe potuto essere facilmente ignorato. Era una domenica mattina soleggiata, e dalla finestre con le tapparelle semichiuse penetrava una leggera luce che proiettava un’atmosfera soffusa all’interno.
    E poi, prima piano, poi sempre con più energia, il cigolio delle molle del materasso, e poi un respiro affannoso, che faceva il paio con dei gemiti. Erano tre rumori che andavano a salire, come il crescendo di una melodia. Poi ci fu un gemito più forte degli altri.
    Era il momento più bello di quel momento, quando Kuro veniva dentro di lui. Shiro aveva sempre quell’espressione, tra l’esaltato e il disperato, e chiudeva gli occhi di scatto, come se si vergognasse di qualcosa, le guance leggermente rosse, il sudore che scendeva lentamente dalla tempia. Nonostante avessero lo stesso aspetto, Kuro era certo di non produrre mai un’espressione del genere quando veniva, ma qualcosa di più simile a un ghigno.
    “Aaah,” Shiro emise un ultimo gemito soddisfatto e poi si lasciò scivolare a fianco di Kuro, tra le coperte spiegazzate del letto. Kuro rimase fermo ad osservare il soffitto, le mani piegate dietro la testa, lamentando la mancanza delle sue sigarette (ma Shiro non voleva che si fumasse in casa sua).
    Poi, Shiro mormorò qualcosa, con la testa ancora affondata nel cuscino. “Non dobbiamo farlo più.”
    Kuro sbuffò. “Cos’è, un’altra delle tue trovate? Hai avuto di nuovo la crisi mistica di un paio di anni fa.”
    “No.” Shiro spostò la testa quel tanto che bastava per fulminarlo con lo sguardo. “Mi piace un ragazzo, e vorrei iniziare a frequentarlo seriamente. Non è una cosa per te – non vorrei scopare con nessuno nel frattempo.”
    “Che è, Curtis?”
    “No! Perché dovrebbe essere Curtis?”
    “Mi sembrava che ti facesse il filo, ed è mezzo identico al tuo ex, occhiali a parte. Credevo avessi un tipo.”
    “Se avessi un tipo non scoperei con te,” gli fece presente Shiro. “Ma no, non è lui, e per tua informazione non assomiglia per niente ad Adam.”
    “Intendi nell’aspetto o nella stronzaggine?”
    “Adam non era uno stronzo, avevamo soltanto diverse aspettative di vita.”
    “A diciotto anni.” Kuro sbuffò. “Un eufemismo. Chi è questo, comunque?”
    “Non lo conosci.” Non sembrava intenzionato a dire altro, per cui Kuro gli tirò un calcio nello stinco, a cui Shiro rispose con un lamento annoiato. “È un amico della sorella di Matt.”
    “La sorella di Matt ha sedici anni,” disse Kuro, con un sorrisetto furbo. “Dopo l’incesto sei passato alla pedofilia?”
    “Al massimo sarebbe efebofilia, ma no. Pidge è già al college, come sai, ma si sono conosciuti in tutt’altro modo. Keith ha ventidue anni.”
    “Quindi si chiama Keith,” commentò Kuro, con l’aria di chi ha scoperto chissà quale segreto.
    Stavolta Shiro non si fece ingannare e gli scoccò un’occhiata eloquente. “Non capisco perché te la prendi tanto. L’anno scorso hai avuto tu la storia con quel tuo compagno di corso, che tra l’altro non mi è mai sembrato l’esempio più fulgido di gentilezza e integrità.”
    “Lotor è un tipo a posto, se lo si sa prendere,” e Kuro stesso si stupì della sua difesa. “Ma comunque, ho avuto una storia con lui e la sua tipa. Erano più loro che sfruttavano me per qualcosa di alternativo. Non è una roba come la tua, che vuoi diventare monogamo. Quella roba è tipo contro natura.”
    “Probabilmente chissà quanti psicologi del sesso vorrebbero studiare il tuo caso,” Shiro scherzò, ben consapevole che la cosa sarebbe valsa anche per lui, ben prima dell’occhiataccia di Kuro. “Comunque la situazione è questa.”
    Kuro sapeva benissimo che Shiro era testardo e continuare a discutere avrebbe solo aumentato la sua testardaggine, quindi rinunciò. Alzò le braccia. “Va bene, mi arrendo. Sono solo offeso che tu me l’abbia detto dopo un sesso del genere.”
    Shiro sorrise. “Era un modo per dirti addio.”

    Ma in realtà, Kuro non era poi così preoccupato. Dei due, Shiro, forse perché era nato con due minuti in anticipo e pensava che fosse più maturo per questo motivo, era quello che teneva di più all’idea della relazione fissa e stabile al di fuori delle loro scopate.
    C’era stata la ragazzina ai tempi delle scuole elementari, poi il tentativo mal riuscito di corteggiare un compagno alle medie, dopo la comprensione della propria sessualità, e poi varie storie ai tempi delle superiori, tutte tragicamente fallite. Adam non era che l’ultimo di una lunga serie, per quanto Kuro lo considerasse il peggiore di tutti, forse perché era stata la storia più lunga, più serie e più tragica di tutte.
    Ma in ogni caso, la statistica non navigava a favore di Shiro, e Kuro immaginava che prima o poi Shiro sarebbe tornato da lui con la coda fra le gambe, magari perché questo Keith, esattamente come tutti gli altri, si sarebbe rivelato come uno stronzo. O non si sarebbe rivelato alla sua altezza, cosa che Kuro riteneva altamente probabile.
    Il punto era che i gemelli Shirogane erano letteralmente il meglio che si potesse offrire in termini di… tutto. Innanzitutto, erano belli. Ma non belli normale, belli come se fossero usciti da una rivista di intimo, alti e muscolosi, con il fascino orientale che non guastava mai, gli occhi grigi, la bocca carnosa, la mascella perfettamente squadrata. E, cosa di cui Kuro andava particolarmente orgoglioso, anche superdotati.
    Erano ricchi di famiglia, cosa che se non era merito loro di certo non li guastava agli occhi degli altri, ed erano talentuosi. Shiro faceva già l’assistente al suo professore di ingegneria aerospaziale, e aveva all’attivo diverse pubblicazioni in merito, mentre Kuro lavorava da un paio d’anni in uno studio d’avvocati molto prestigioso.
    Senza contare la personalità. Le persone dicevano che Kuro aveva il fascino del bad boy, genio e sregolatezza, quegli anti eroi che piacevano tanto nella cinematografia moderna, ma aveva anche un lato da cucciolo che non molti avevano il pregio di vedere. Shiro era il gemello buono, dolce e disponibile, sempre pronto a farsi in quattro per gli amici, ma era estremamente competitivo su tutto e dava l’anima su qualunque cosa facesse.
    Insomma, per quanto lo riguardava, Kuro dubitava che avrebbero mai trovato qualcuno capace di stare loro dietro, qualcuno che non fosse l’altra loro metà.
    Questo Keith non avrebbe fatto differenza. Kuro doveva solo aspettare che Shiro si stancasse e tornasse da lui.

    “Si puoi sapere a chi stai scrivendo?” Kuro sbuffò, a una certa, mettendo in pausa il film che stavano guardando.
    La luce azzurrina del cellulare spiccava nella stanza buia, gli dava fastidio agli occhi mentre guardava la televisione e soprattutto gli stava dando fastidio che Shiro fosse più interessato al cellulare invece che al film che avevano scelto.
    “Uhm, con nessuno?” rispose Shiro, con la faccia innocente, mentre tentava inutilmente di riporre via il cellulare senza farsi notare.
    “E il signor nessuno lo sa che sta interrompendo la nostra serata cinema?”
    Shiro si limitò ad alzare gli occhi al cielo, quindi con uno scatto felino Kuro si proiettò in avanti e gli strappò il cellulare dalle mani. Mentre con una mano spingeva Shiro lontano da sé, con l’altra tentava di scorrere lo schermo per ritrovare gli ultimi messaggi. In quel momento, la luce si intensificò segnalando un nuovo whatsapp in arrivo.
    “Non vedo l’ora! Facciamo domani alle sei, da Sal?” Kuro lesse. “Oh, stai organizzando un appuntamento. Dov’è questo Sal? Ci siamo mai stati?” Tentò di scorrere sopra per leggere altri messaggi. “Ma certo che te la faccio leggere, appena ci vediamo. Non starai parlando del tuo ultimo articolo?”
    Finalmente Shiro riuscì a divincolarsi dalla sua presa e si allungò per recuperare il cellulare, ma nella colluttazione questo cadde a testa con un rumore sordo, a cui seguì subito il grido mezzo strozzato di Shiro, che quel cellulare l’aveva appena comprato e stava ancora finendo di pagarlo. Kuro lo lasciò andare in modo che potesse recuperarlo e sorrise languido mentre Shiro lo raccoglieva con cura e lo controllava in tutte le sue parti per verificare che non si fosse rotto.
    “Fai leggere i tuoi articoli a Keith e non a me?” domandò, suadente come un gatto.
    “A te non li Faccio leggere perché non te n’è mai importato,” ribatté Shiro, e questa volta sembrava davvero offeso. “Ma no, non è la tesi. È un raccontino fantascientifico che ho scritto e no, non te l’ho fatto leggere perché tu hai sempre detto che sono sprecato come narratore.”
    “E Keith invece pensa che tu sia fantastico?” Kuro sbuffò. “Anche Adam era così, prima che si accorgesse che eri meglio di lui in tutto e tentasse di tarparti le ali.”
    A quella provocazione, non rispose. Invece, senza staccare gli occhi da Kuro con gesto di sfida, premette sullo schermo per registrare un audio. “Domani alle sei va benissimo. Adesso scusami ma devo andare a vedere un film con mio fratello altrimenti mi rompe il cazzo tutta la sera. Ti amo baci baci.”
    Dopodiché si risedette placidamente al fianco di Kuro come se nulla fosse successo, ma con un sorrisetto soddisfatto in viso. Kuro non disse nulla, si limitò a imbronciarsi e a far ripartire il film, ma ormai la serata era rovinata.

    “Oggi sei più cupo del solito,” gli fece notare Lotor, durante la loro consueta pausa pranzo al bar poco lontano dal tribunale. “Eppure la causa sta andando bene.”
    “Per ora,” puntualizzò Allura, che come spesso succedeva era dalla parte opposta della barricata rispetto a loro, lavorando per uno studio concorrente. Era proprio al termine di una causa, quando tutti e tre avevano necessità di scaricare in qualche modo la tensione accumulata, che erano finiti a letto assieme per la prima volta.
    “Non è quello,” borbottò Kuro, premendo la forchetta nel piatto come se volesse uccidere qualcuno. “È di nuovo quel periodo dell’anno in cui mio fratello pensa di essere innamorato. È insopportabile.”
    “Scommetto che è carino, invece,” disse Allura, con un sorriso divertito. “Per le poche volte che ho visto tuo fratello, mi ha dato l’impressione di essere uno di quelli iper romantici.”
    “Purtroppo lo è, ai limiti del disgustoso,” confermò Kuro. “È di quelli che al telefono è del tipo, ti voglio più bene io, no, butta giù prima tu, baci baci. Bleah.” Fece una mimica che fece ridere entrambi, poi si incupì nuovamente, “ma non è quello il problema. Il problema è che so già come finirà, e poi sarò io a dover raccogliere i pezzi del suo cuore infranto.”
    “Dai, non puoi saperlo solo perché a tuo fratello è andata male un paio di volte,” cercò di incoraggiarlo Allura. “Magari è la volta buona.”
    “A mio fratello è sempre andata male. È tipo una cosa fisiologica sua. Non potrà mai esserci una volta buona.”
    Lotor succhiò la coca cola dalla sua cannuccia. “Secondo me sei tu che stai sodomizzando tutto. Hai sempre visto le storie di Takashi finire, e quindi hai deciso che non saresti diventato come lui, che ti saresti evitato tutta quella sofferenza. Ma stavolta temi che vada tutto bene, e hai paura che tutto quello che pensavi della tua vita fosse sbagliato.”
    “Non ho bisogno di uno psicanalista.” Kuro gli scoccò un’occhiataccia.
    “Io sono meglio, non ti chiedo nemmeno la parcella,” replicò Lotor allegro. “Comunque, se hai tanta paura, perché non lo vai a conoscere, questo misterioso nuovo ragazzo? Giusto per farti un’idea.”
    “Shiro non vuole presentarmelo, per ora.”
    “E chi ha detto di aspettare lui?” Lotor estrasse il cellulare, ticchettò sullo schermo e poi gli mostrò la schermata che aveva trovato. “A quanto pare Sal è un piccolo caffè del centro studentesco. Non è lontano da qui, e per le sei avremo finito.”
    “Siete terribili,” fu il commento di Allura.

    Kuro si aspettava di trovare unicamente Shiro, invece c’era parte del suo gruppo, Matt, Veronica e Kinkade. Erano già seduti al tavolino, e chiaramente nessuno di loro si aspettava l’apparizione di Kuro, per quanto tutti lo conoscessero e si fossero anche frequentati in diverse occasioni in passato. Shiro aveva la chiara espressione di chi sta tentando di nascondere l’irritazione.
    “Non pensavamo venissi anche tu, Ryou,” gli disse Matt gentilmente, il primo ad accoglierlo con un po’ di calore. “Avrei preparato qualcosa di meglio.”
    “Ah, no, sono solo di passaggio, vi ho visti e ho pensato di salutarvi. Bel posto, tra l’altro,” aggiunse indicando lo stile medievale del locale, con stemmi, spade e teste di animali mitologici finti alle pareti.
    “Sì, è a tema D&D,” Matt precisò.
    “Bene, ora che ci hai salutati, puoi anche andare,” disse Shiro. “Non sei stanco? Avevi la causa oggi no?”
    Kuro sorrise malizioso. “Perché vuoi cacciarmi via così presto? Che cosa mi stai nascondendo? Non vuoi che io incontri questo misterioso Keith?”
    Mentre Shiro alzava gli occhi al cielo, Veronica ridacchiò. “Ma dai, non glielo hai ancora presentato? Cos’hai, paura che te lo rubi? I due bad boy della città assieme?”
    “Keith non è un bad boy,” si affrettò immediatamente a difenderlo Shiro. “È la persona più dolce che conosca.”
    “È un po’ un bad boy, almeno dall’aspetto, dai,” aggiunse Matt, e Shiro sbuffò.
    “Tra l’altro, parlando del diavolo…” Kinkade accennò con la testa verso le grandi finestre colorate che davano sulla piazza su cui si affacciava il caffè.
    Una motocicletta rosso fiammante aveva appena parcheggiato all’interno e il suo proprietario, con indosso una tuta professionale sempre rossa, smontò e si diresse verso l’ingresso. Sulla soglia si decise a togliersi il casco, dando lo spettacolo dei suoi lunghi capelli neri che si liberavano in un colpo solo e cadevano dolcemente sulle sue spalle. Poi si guardò attorno.
    “Keith!” chiamò Matt, indicandogli la loro posizione, e il motociclista sorrise nel vederlo, quindi si avvicinò a passi decisi.
    Quello era il nuovo ragazzo di Shiro?
    Kuro sapeva che, a rigor di logica, era qui per giudicarlo e trovargli tutti i difetti possibili e tutte le ragioni per cui Shiro non poteva stare con lui, ma al momento era troppo impegnato a sbavare per poter pensare a sciocchezze come quella. Non poteva staccargli gli occhi di dosso.
    Se Shiro sembrava uscito da una rivista di moda, Keith era di certo uscito da qualche rivista sportiva, e quella tuta che addosso gli stava da Dio sicuramente nascondeva un corpo tonico e muscoloso. Come se i lunghi capelli non fossero abbastanza, Keith aveva un viso delicato, cesellato nella porcellana e impreziosito da due grandi occhi blu intenso. Tra tutti gli ex di Shiro, era in assoluto in più attraente.
    Ma era anche uno dei più belli che aveva visto in assoluto.
    Sentì Shiro tirargli una gomitata sul fianco, un po’ per farlo riprendere un po’ per farlo scostare in modo che potesse accogliere Keith come si deve. Kuro osservò come al rallentatore Shiro che prendeva Keith per i fianchi e si chinava leggermente per dargli un bacio sulla bocca, molto casto, e Keith che gli sorrideva di rimando. Lo sguardo di Kuro scese leggermente ad osservare il culo di Keith: anche quello perfetto, ovviamente, teso nella tuta da motociclista.
    “Ehi, Keith,” lo chiamò Matt, “sbaglio o non hai mai incontrato Ryou, il fratello minore di Shiro?” Si, apparentemente Matt trovava questo modo di dire molto divertente.
    “No, infatti,” Keith disse, e timidamente allungò la mano verso Kuro. Shiro passò un braccio sulle spalle di Keith, tenendolo sempre vicino.
    “Piacere di conoscerti,” Kuro disse, stringendogli la mano. “Pare che Shiro qui voglia tenerti solo per lui.”
    Keith rise leggermente, ma parve imbarazzato. Poi si voltò verso Shiro e disse, “vi hanno clonato?”
    “Non diresti che sia possibile che ce ne siano ben due in giro, eh?” Matt rise, poi batté la mano sul braccio di Kuro. “Dai, fermati anche tu ormai che sei qui.”
    “Scommetto che Kuro è molto stanco e deve andare a casa,” disse Shiro, tirandogli un’occhiata eloquente.
    “Per me può restare,” disse Keith. “Per ricambiare il fatto che ho quasi rovinato la vostra serata cinema.”
    “Deciso, allora,” disse Matt, e spinse Kuro a sedersi accanto a Veronica. Da quella posizione, quando tutti gli altri si furono sistemati attorno al tavolo, era proprio dalla parte opposta rispetto a Keith e aveva una visuale perfetta di quello che facevano, soprattutto del modo in cui si guardava e parlava e si toccava con Shiro.

    Da quel tardo pomeriggio, Kuro imparò diverse cose, la prima delle quali era che giocare a D&D era estremamente divertente, gli piaceva da matti ma era anche un disastro, un misto tra incapacità di effettuare delle buone scelte e sfortuna con i dati. Keith invece sembrava cavarsela meglio di tutti e ogni volta riservava a Kuro un piccolo sorriso timido, come a scusarsi.
    Poi venne a conoscenza di diverse cose riguardanti Keith e la sua supposta storia d’amore con Shiro.
    Si erano conosciuti a una seduta di D&D non diversamente da quella che stavano facendo, una volta che Veronica non era disponibili e Matt aveva chiesto a Pidge di sostituirla, così Pidge si era fatta accompagnare da Keith. Kuro non aveva dubbi che anche Shiro si fosse fatto conquistare nel momento in cui Keith era entrato nel locale agitando la lunga chioma.
    Peggio era, Keith studiava astrofisica, apparentemente con buonissimi risultati perché era un anno avanti al suo corso e già lavorava ad alcune pubblicazioni con il professor Kolivan. Per questo non era solo in grado di capire i vaneggiamenti di Shiro sui suoi studi, ma li condivideva anche e, anzi, avevano già in mente una ricerca che avrebbero potuto sviluppare assieme.
    Nel tempo libero, Keith si dedicava alla sua seconda passione, le corse in moto, e si barcamenava tra studio e sport grazie anche allo stipendio di sua madre, che era nell’esercito, mentre suo padre, pompiere, era morto qualche anno prima in servizio.
    Ed era un nerd come Shiro, poiché, Kuro scoprì, aveva chiamato la sua moto come uno dei transformer, ma non quelli del film, quelli dei fumetti, che Kuro non aveva mai sentito.
    Scoprì tutte queste cose grazie alla parlantina di Matt e Veronica, che parevano interessanti a incensare tutto quello che Keith faceva per renderlo in qualche modo più appetibile a stare al fianco di Shiro. Perché, sì, Kuro pensava che non ci fosse nessuno all’altezza di suo fratello, ma se ci fosse stato, quello probabilmente sarebbe stato Keith.

    Ma Keith doveva pur avere dei difetti. Magari aveva un amante, forse anche di più. O era interessato a sfruttare Shiro per la sua carriera accademica. Kuro sperava ardentemente che ci fosse qualcosa che non andava in Keith.
    Così propose, una sera, “perché non inviti Keith per la nostra serata cinema? Vediamo uno dei film di Star Trek, se volete.”
    “Non ti dispiace?”
    “Dovrò pur adattarmi alla presenza del mio futuro genero attorno, non pensi?”
    Fece in modo che Keith sedesse nel mezzo del divano, in modo che, se anche Shiro tentava di portarlo un po’ di più dalla sua parte, Kuro potesse comunque toccarlo se voleva, attirare la sua attenzione, e parlargli senza il filtro di Shiro fra di loro.
    “Davvero stai sostenendo che il Millenium Falcom potrebbe battere l’Enterprise? Una vecchia carretta arrugginita contro la perla della coalizione spaziale. Senza considerare, ovviamente, le dimensioni.” E Kuro indicò con la mano la differenza fra le due navi spaziali.
    “Per favore,” Keith rispose, con un cipiglio che dimostrava che fosse competitivo tanto quanto Shiro stesso. “Il punto del Millennium Falcon è proprio che è più piccolo, ma più maneggevole, e sicuramente in grado di mettere in difficoltà chiunque grazie all’abilità del suo pilota. Sai come si dice? Che non importano le dimensioni ma come sai usarlo.”
    Shiro tossì leggermente, fingendosi imbarazzato per la chiara allusione sessuale che però apparentemente Keith aveva detto in maniera del tutto innocente, solo perché era una persona che diceva quello che gli passava per la mente, senza filtro.
    E Kuro lo apprezzava per questo.
    “Ti adoro,” disse Shiro e, sempre con il suo braccio attorno a quello di Keith, si chinò a baciarlo, e per un attimo si dimenticarono completamente di Kuro e del film, presi l’uno dall’altro, con la mano di Keith che accarezzava la coscia di Shiro.
    Kuro si sentì escluso, geloso da quel rapporto di cui non faceva parte, e innervosito dal fatto che non sapesse se era più geloso di aver perso Shiro o di non essere stato lui a scoprire Keith per primo. Perché sì, non c’era nessuno all’altezza del suo fratellone, ma apparentemente Keith ci andava fin troppo vicino.
    Era bello, talentuoso e il suo carattere si sposava benissimo con quello di Shiro. Non era un altro Adam, purtroppo, e Kuro aveva tutte le ragioni del mondo per essere geloso e temere che quella gelosia non gli sarebbe passata mai.
    Per quel motivo decise che, se non poteva avere Shiro, almeno avrebbe provato ad avere Keith.

    Un giorno, Shiro era fuori città per una presentazione per il libro del suo professore. Kuro sapeva che aveva avvertito Keith sul fatto che difficilmente sarebbe rientrato in tempo per vedersi, quella giornata, perché l’aveva sbirciato nel suo cellulare la sera prima.
    “Ci vediamo stasera,” gli aveva detto Kuro, “io sono in studio tutto il giorno, oggi niente cause in tribunale.”
    Invece appena Shiro uscì dall’appartamento che condividevano, Kuro mandò un whatsapp a Lotor per avvertirlo che si prendeva un giorno di ferie. Passò la mattinata a fare delle verifiche per capire dove fosse l’autodromo dove Keith si allenava e se fosse possibile entrarci in qualche maniera, fece due telefonate, riuscì ad avere un pass.
    Poi uscì e andò dal barbiere, uno dall’altra parte della città che sicuramente non li conosceva, o per lo meno non li aveva mai visti.
    “Vorrei un taglio rasato, fatto in questa maniera,” disse al barbiere, mostrandogli una foto di Shiro.
    Tornò a casa, si tolse i suoi abiti e andò a scavare nell’armadio di Shiro, tirando fuori uno dei suoi completi, un gessato nero. Non mise la giacca e tenne la cravatta sbottonata, così come i primi due bottoni della camicia, in modo da darsi un look elegante ma allo stesso modo casual.
    Poi uscì, prese la macchina di Shiro (lui fortunatamente era andato con quella del suo professore) e si recò all’autodromo. Seguì le prove per un po’, individuando immediatamente la moto di Keith, poi, quando lo vide ritornare ai box e lasciare la pista, si ritirò immediatamente a seguirlo negli spogliatoi.
    “Hey, campione,” lo chiamò.
    Keith si spaventò per un secondo, poi il suo sorriso divenne dolce. “Shiro? Che cosa ci fai qui?”
    “Col professore ho finito prima e ho pensato di venire a salutarti. Ti dispiace?”
    “Ovvio che no.”
    Aveva ancora addosso la tuta e l’odore di sudore che l’aver tenuto il casco per tanto tempo gli aveva provocato, ma era ancora più bello della prima volta che Kuro l’aveva visto, con gli occhi un po’ lucidi e le guance rosse. Si baciarono, e Kuro si prese tutto il tempo per assaporare quelle labbra, e per tenere le braccia premute sui suoi fianchi.
    “C’è qualcuno nello spogliatoio?”
    “Perché?” rispose Keith, e poi arrossì appena capendo tutto dall’occhiata maliziosa di Kuro.
    Entrarono nello spogliatoio senza separarsi, continuando a baciarsi, e Keith tastò con la mano per chiudere la porta dietro di sé, prima che Kuro lo spingesse contro il muro e iniziasse a spogliarlo, godendosi il modo in cui tiare la zip della tuta rivelava la schiena perfetta e muscolosa, che Kuro baciò pezzo per pezzo.
    Sapeva che suo fratello preferiva stare sotto, e non poteva rischiare di farsi scoprire subito, per cui si limitò ad accarezzare quel culo sodo con la mano sinistra, e poi a continuare a baciarlo mentre gli stringeva il pene con la mano destra, lo sentiva indurirsi contro la sua mano, e sentiva Keith diventare sempre più eccitato, gemere sempre più forte e respirare sempre più velocemente, finché non schizzò tutto contro la parete, e poi scoppiò a ridere per l’imbarazzo.
    “Per te farei cose che non ho mai fatto,” disse.
    “Lo spero,” replicò Kuro, e lo baciò nuovamente. “Ma la cosa vale anche per me.”

    Con il senno di poi, Kuro sapeva non sarebbe riuscito a tenere quella scappatoia segreta a Shiro, c’erano troppe cose da controllare che non potevano essere controllate. Ci provò, all’inizio, nel modo in cui inventò rapidamente una scusa per non passare la serata con Keith e tornare a casa, ad aspettare che Shiro arrivasse, per rubargli il cellulare e messaggiare lui con Keith prima che dicesse qualcosa di compromettente. Ma immaginava che prima o poi ne avrebbero parlato a voce, e che Shiro avrebbe scoperto tutto. Invece non accadde, Shiro sembrò ignorare i messaggi passati né aver avuto qualche accenno strano da Keith sul fatto di fare sesso nello spogliatoio.
    “Ti sei fatto i capelli come i miei?” gli aveva chiesto Shiro, come unica cosa, e non sembrava sospettare niente.
    “Sì, ho deciso che mi piaceva abbastanza il tuo stile. A quanto pare serve a cuccare bei ragazzi.”
    E quella fu l’unica cosa di cui parlarono.
    E Kuro, preso dall’euforia che funzionava come una droga, finì per continuare quello che aveva iniziato, a fare le sortite a Keith quando Shiro era fuori città, sempre con scuse diverse, e a scoparselo nei posti più disparati. A Keith non sembrava dispiacere.

    E poi, un giorno, Shiro tornò a casa con i capelli completamente bianchi, se li era tinti. Come Shiro, gli si addicevano, e gli stavano anche bene, ma Kuro ne rimase stupefatto.
    “Cos’è il cambio di look?” gli chiese, e già dentro di sé pensava a quanto sarebbe stato strano se Kuro si fosse fatto i capelli allo stesso modo, e ragionava su come questo potesse impattare sulla sua relazione con Keith.
    Shiro si limitò a scoccargli un’occhiataccia, ma non disse nulla. Si fece la doccia, si cambiò, poi tornò in salotto. Era lunatico dalla sera prima, per cui Kuro gli fece cenno di accomodarsi sul divano.
    “Cosa c’è che non va? Parlane al tuo fratellino.”
    “Keith sta venendo qui.”
    “Ed è una cosa negativa?” Intanto, il cuore di Kuro stava battendo a mille, non sapeva nemmeno lui perché.
    “L’ho chiamato io.” Quindi si voltò verso Kuro e, con tono duro, disse, “così che tu possa dirgli che l’hai ingannato per fare sesso con lui.”
    Kuro incassò bene il colpo. “Era solo questione di tempo prima che lo scoprissi.”
    “Vi ho visti l’altro giorno, ero passato dal meccanico per fargli una sorpresa.” Poi scosse la testa. “Lo sai, la cosa interessante è che non sono nemmeno arrabbiato. Tu sei sempre stato così.”
    “Così come?”
    “Come me. Se avevo una bella cosa, la volevi anche tu. E io te la davo, perché ti volevo bene.”
    “Abbiamo sempre diviso tutto.”
    “Vero. Ma Keith è una persona, non possiamo-”
    “Lui sembra felice. Non lo sa, potremo non dirglielo, se nessuno dei due ne parla probabilmente non lo scoprirà mai…”
    “No,” disse Shiro, ed era uno di quei toni che non ammetteva repliche. Kuro annuì, ma poi disse, anche lui duro. “Però voglio che tu gli dica anche di noi. Se deve sapere quanto merda siamo, lo deve sapere fino in fondo.”
    Non dissero altro fino all’arrivo di Keith, che stranamente non indossava la sua solita tuta ma una giacca di pelle rossa che gli stava comunque benissimo. Era trafelato, e preoccupato. Shiro lo accolse con un lungo abbraccio, poi lo fece accomodare al tavolo della cucina.
    “Ryou ti deve dire una cosa.”
    “Noi ti dobbiamo dire una cosa,” precisò Kuro. “Ti ricordi la volta in cui hai fatto sesso con Shiro nello spogliatoio dell’autodromo? Be’, quello ero io. Ed ero io anche dal meccanico, quando l’abbiamo fatto dentro la ferrari di Lotor, la volta del bagno del gelataio-”
    Shiro lo bloccò muovendo il braccio davanti a lui. “Io non ne sapevo niente, ovviamente.”
    “Oh,” disse solo Keith, chiaramente cercava di attutire lo shock.
    “C’è un’altra cosa,” disse Shiro, dopo aver scoccato un’occhiata a Kuro. “In passato… prima che noi due stessimo assieme, io e Ryou, be’, ci piaceva scopare. Assieme,” precisò. “Non siamo proprio come i fratelli Lannister, ma-”
    “Intende che non abbiamo mai ucciso nessuno per coprire il segreto,” intervenne Kuro, con uno sguardo divertito, “ma ci abbiamo dato dentro come loro da parecchio.”
    “Ho smesso quando ti ho conosciuto,” aggiunse Shiro. “Ma, ecco, pensavo dovessi saperlo, per capire perché Kuro si è comportato in modo così stupido.” Al suo fianco, Kuro fece una smorfia. “Ti giuro che non succederà mai più, ma potrei capire se tu avessi bisogno di tempo per assimilare il tutto…”
    “Oh,” mormorò Keith di nuovo. Poi si leccò le labbra e disse, “visto che è tempo di confessioni… lo sapevo già.”
    “Che scopavamo?”
    Keith fece un sorriso soddisfatto. “Che eri tu, Kuro, e non Shiro. Non sei così subdolo come pensi, e so distinguervi abbastanza bene anche se avete la stessa pettinatura o gli stessi abiti. E se devo proprio dirlo, credo che il cazzo di Shiro sia leggermente più grosso del tuo. È più difficile da succhiare.”
    Per la prima volta durante i sui ventisette anni, Kuro rimase stupefatto, tant’è che non gli venne nemmeno in mente una risposta adeguata riguardo alla presa in giro sulla sua virilità.
    “Ma se te n’eri accorto perché…?”
    “Perché volevo farlo,” Keith arrossì. “Vi rendete conto che voi siete tipo, perfetti? E siete due. Siete tipo il sogno erotico di qualunque gay là fuori. E francamente pensavo che immaginarvi assieme fosse solo un mio sogno erotico…”
    “Aspetta,” mormorò Shiro. “Ci hai immaginati assieme?”
    “Sì?” Ora Keith era timido. “Per masturbarmi la sera? Voglio dire…” e agitò le mani davanti alla faccia, per cercare di esprimere con i gesti quello che non gli veniva in parole.
    “Oh,” disse Shiro, stavolta era curiosamente rosso in viso.
    “Ti piacerebbe vederlo e non solo immaginarlo?” Kuro chiese immediatamente.
    “Kuro-!” protestò Shiro, nello stesso momento in cui Keith rispose, senza imbarazzo, “Sì!”
    E mentre lo trascinavano in camera, e lo spogliavano, e quando Kuro si scopò Keith nell’esatto momento in cui Keith si stava scopando Shiro contro il materasso, con i gemiti di entrambi che si alzavano chiari nella stanza, seppe che non si era sbagliato.
    Keith era assolutamente perfetto per lui. Per loro.
     
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