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“Aspetta,” disse Shiro, quando Keith aveva appena preso in mano il phon. “Posso asciugarteli io?”
Keith sbatté le palpebre due volte, poi annuì lentamente. Si sedette delicatamente sulla tazza del bagno, Shiro prese il phon e una spazzola e iniziò il lavoro. All’inizio Keith era un attimino teso, ma poi si sciolse e sorrise dolcemente, mentre Shiro gli passava la spazzola fra i capelli neri.
Erano piuttosto lunghi, scendevano ormai sotto le scapole. Capitava che Keith restasse diverso tempo senza tagliarli, mentre era da qualche parte in missione con il suo gruppo. Aveva raccontato a Shiro (che nonostante girasse l’universo lo faceva comunque a bordo dell’Atlas, che aveva tutte le comodità possibili, specialmente per il capitano) che a volte, mentre soccorrevano la gente negli angolo oscuri dell’universo, passavano diverso tempo all’addiaccio, senza nemmeno potersi lavare se non per brevi periodi. In quei casi, i capelli corti sarebbero stati estremamente comodi, ma per tradizione tendevano a non farlo, e quindi l’unica alternativa possibile era invece allungarli in modo da poterli poi stringere in capigliature che impedivano il più possibile allo sporco di penetrare.
Non diversamente dalle geisha, aveva pensato Shiro, e si era immaginato Keith in un kimono e poi aveva scordato che cosa voleva dire.
Era uno dei motivi per cui poi Keith adorava farsi lunghe docce quando tornava alla civiltà.
“Sono troppo lunghi, eh?” disse Keith, mentre Shiro continuava ad agitare contro il phon. “Scommetto che adesso ti sei pentito di esserti offerto volontario.”
“Questo mai,” rise Shiro. “Però è vero che sono lunghi. Ormai ti arrivano quasi al sedere.”
“Penso che li taglierò,” disse Keith in maniera casuale. “In realtà volevo già farlo appena tornati, con il mio coltello, ma l’ultima volta che l’ho fatto mi sono graffiato il collo ed Ezor mi ha preso per il culo per giorni, quindi ho rinunciato. Però spero che la prossima missione sia un po’ più tranquilla, e non so se ho voglia di tenerli così ancora a lungo.”
“Uuuh…”
Shiro continuò a spazzolarli, usando la mano metallica che non si stancava per tutte quelle spazzolate, ma doveva ammettere che non era proprio la cosa più semplice averli così lunghi, richiedevano un grande impegno per tenerli a posto, e Keith aveva sempre avuto dei bellissimi capelli neri come la notte.
Solo che a Shiro così lunghi piacevano da matti, e non voleva che li tagliasse. Ovviamente sapeva che era ingiusto da parte sua volere qualcosa che poteva creare a Keith uni svantaggio, e quindi non sapeva proprio come dirgli che gli piacevano.
“Oppure potrei farmi la treccia,” continuò Keith. “Ormai sono diventato un esperto, e con la treccia non sono così scomodi ad andarci in giro… ma mi scoccia farmela spesso.”
“Potresti insegnarmi,” Shiro disse immediatamente. “Potrei fartela io, quando se qui attorno almeno.”
Keith si voltò leggermente verso di lui. “Lo faresti? Guarda che non è comodo, e poi non è nemmeno così facile come sembra alla prima occhiata.”
“So pilotare una nave grande quanto un transatlantico e guidarla quando è in versione mecha, penso di potermela cavare,” Shiro rise. “Ma la tua sfiducia in me mi offende.”
“Non volevo dire questo!” esclamò Keith immediatamente, e poi si accorse che lo stava prendendo in giro e si imbronciò appena. “Guarda che però è una bella responsabilità. Se davvero vuoi che li tenga lunghi, dovrai abituarti a me che passo tantissimo tempo in doccia e ad asciugarmeli.”
Con lentezza e dolcezza, Shiro passò l’indice e il dito medio tra i capelli di Keith, partendo dalla nuca fino alla fine, poi afferrò una ciocca tra le stesse due dita, se la arrotolò nelle mani e poi la baciò, un piccolo bacio affettuoso s stampo che fece comunque arrossire Keith.
“Non è un problema.”
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