Punti di vista

[Voltron Legenday Defender]

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    Si ricordava, da bambino, la sensazione delle mani rosse e screpolate. Quando nevicava in Hokkaido, l'aria diventava gelida, pungente. Bruciava sulla pelle, bloccava le articolazioni.
    Suo nonno aveva provato a regagargli un paio di guardi di lana, neri e soffici, ma Shiro non poteva regolare bene il telescopio così, aveva bisogno delle dita libere per muoverlo in modo da orientarlo seguendo le cordinate precise fornite dalla Garrison. Così usciva la notte, quando l'aria era ancora più gelida, e poggiava in equilibrio il treppiedi in mezzo alla neve alta e morbida, nel giardino. Quando la neve smetteva di cadere, lasciava il cielo completamente sereno. Era il momento migliore per osservare il cielo, e lo era anche maggiormente da casa dei suoi nonni, isolata, in modo che nessuna luce disturbasse le stelle brillanti nel cielo.
    Odiava la neve che gli lasciava le mani rosse, ma amava il sereno che portava con sé.
    Era terribile, invece, quando pioveva. Non solo non poteva uscire a giocare, ma il cielo era completamente coperto, scuro. Anche quando smetteva di piovere, il sereno non tornava se non dopo diversi giorni, frustando Shiro. La pioggia ticchettava sui vetri della sua stanza, come a prenderlo in giro per la sua impossibilità di guardare il cielo.
    Stupida pioggia. Stupida.
    Adesso, però, gli mancava la piogga che gli avrebbe dato la scusa per non dover uscire. A dire la verità, non sapeva nemmeno se su quel pianeta piovesse qualche volta, la sua cella non aveva finestre per poter vedere al di fuori. L'unica cosa che conosceva oltre a quella era l'arena, e il cielo, un cielo scuro e popolato da stelle e costellazioni che non conosceva, era sereno sopra di lui.
    Scoprì di rimpiangere il dolore che gli procurava la neve, perché era piacevole, e passava solo con la pomata che sua nonna gli spalmava dolcemente.
    Scoprì di rimpiangere la pioggia, la speranza che piovesse in quel posto, e che un giorno di pioggia in più gli avrebbe portato un giorno in meno di combattimenti.
    Scoprì di odiare il sereno, perché non significava le nottate passate col telescopio, mentre suo nonno lo sorvegliava dalla finestra. Significava la lotta per la sopravvivenza. Il sangue, il dolore, e le mani screpolate dai tagli per poteggersi dai colpi avversari.
     
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